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Fondi più rischiosi dei derivati. Lo affermano gli italiani

7/3/2015

Negli ultimi sette anni è aumentata la ricchezza, ma non il risparmio. E i fondi comuni sono ancora percepiti come strumenti rischiosi al pari delle azioni. Ma nell'ultimo anno il risparmio gestito...


Negli ultimi sette anni è aumentata la ricchezza, ma non il risparmio. E i fondi comuni sono ancora percepiti come strumenti rischiosi al pari delle azioni. Ma nell'ultimo anno i fondi hanno ritrovato la fiducia delle famiglie italiane. Sono queste alcune delle evidenze emerse dal  "Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane" realizzato da Consob in collaborazione con Eurisko.
 
 
Secondo il report, nell'ultimo biennio, la ricchezza netta delle famiglie in Italia è aumentata del 3,4%, mentre il tasso di risparmio, pur registrando un'inversione di tendenza rispetto alla dinamica calante innescata dalla crisi finanziaria, continua ad attestarsi a fine 2014 su un livello inferiore ai valori raggiunti prima del 2008 (8,6%).
E quando si guarda alla composizione delle attività finanziarie si registra tra il 2007 e il 2014 una crescita del peso del circolante e dei depositi, passati in Italia dal 28% al 32%, e delle riserve assicurative e pensionistiche, dal 16% al 20%, mentre subiscono una contrazione le quote riferibili a fondi comuni, titoli obbligazionari e azioni quotate, anche se alla fine del 2014 l'exploit dei fondi comuni ha riportato questi strumenti a livelli pre-crisi, ma ancora lontani dai livelli del 2000. Anche perché, agli occhi degli italiani, i fondi comuni azionari sono ancora considerati uno strumento finanziario particolarmente rischioso (11%), quasi al pari di una singola azione (19%), e mediamente più pericolosi dei prodotti derivati (5%) e dei titoli di Stato italiani e/o esteri (7%).
 
 
Ma se si guarda all'atteggiamento degli italiani dell'ultimo biennio, secondo il report Consob-Eurisko, a fine 2014 il livello di partecipazione delle famiglie ai mercati finanziari si è comunque attestato attorno al 48%, in crescita di sette punti percentuali rispetto all’anno precedente ma ancora inferiore, appunto, ai valori registrati nel 2007 (55%).
 
 
L'incremento dell'ultimo anno è imputabile soprattutto alla maggiore quota di investitori retail che detengono almeno un’attività rischiosa (azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze vita), passata dal 26% nel 2013 al 32% nel 2014. In particolare, come si evince dai dati sulla composizione di portafoglio, è aumentata, tornando sui livelli pre-crisi, la quota di ricchezza finanziaria investita in prodotti del risparmio gestito (16%), mentre rimane più contenuto il peso delle azioni (5%, sostanzialmente dimezzato rispetto al 2007).


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