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Schroders, tutti gli enigmi del Giappone

10/14/2014

Donatella Principe, responsabile institutional business di Schroders Italia, spiega quali anomalie ha mostrato il mercato azionario nipponico


Il Giappone e il mercato azionario nipponico hanno recentemente mostrato non poche anomalie, indotte da una distonia tra l’andamento dell’economia reale e le performance di borsa. Come spiega Donatella Principe, responsabile institutional business di Schroders Italia, la prima e più immediata spiegazione potrebbe ravvisarsi nella filosofia del “tanto peggio, tanto meglio”, confidando nel supporto del rilancio del QE da parte della BoJ; con l’Abenomics che si riduce sempre più a un mercantilismo di Kuroda. Esistono però motivazioni meno semplici e più precipue per spiegare questa apparente dislocazione.

 

Sono i cambiamenti strutturali e culturali quelli che stanno veramente segnando il punto di svolta per il Giappone: due in particolare. Primo il cambio di attitudine verso le azioni. Nei 10 anni pre-Abenomics i giapponesi sono stati venditori netti di azioni, il cui peso medio in portafoglio è appena del 7,9% (contro il 15% dell’Eurozona e ben il 34% degli Usa). Innanzitutto Abe, consapevole che in Giappone le riforme si fanno solo quando c’è un rally di borsa, ha avviato il NISA (Nippon Individual Saving Account) che dovrebbe aiutare a smobilitare gli oltre 8 Trl $ di liquidità parcheggiata a tassi infruttiferi sui conti correnti, tramite la defiscalizzazione dei proventi da investimenti nei risky assets. Inoltre il neo-eletto ministro della salute e del welfare ha annunciato una maggiore diversificazione verso l’azionario del fondo pensione statale, la cui dimensione è pari a quella del PIL della Spagna.

 

Il secondo cambiamento è economico-culturale e riguarda il ruolo delle donne nella società giapponese. Con il recente rimpasto di governo nel gabinetto sono entrate 5 donne, raddoppiandone il numero in posti senior di questa amministrazione. Un segnale esplicito di quella politica d’incremento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro che appare oggi come uno dei pochi fattori in grado di contrastare la spirale negativa in cui è avvitata la produttività giapponese, a causa del negativo trend demografico: infatti, se la popolazione nipponica si contrarrà dello 0,4% all’anno, la forza lavoro scenderà dell’1,3%. Il target del governo (30% di donne in ruoli di leadership entro il 2020) appare un obiettivo ambizioso, visto che nell’ultimo anno si è passati appena dal 6,9% al 7,5%. Ma un Giappone che segue l’esempio del Canada degli anni ’90, rimuovendo le barriere fiscali che limitano la partecipazione femminile al mercato del lavoro e investendo al contempo sul welfare per la famiglia, potrebbe invertire una delle M-Curve peggiori tra i paesi OCSE, attingendo a una fonte aggiuntiva di PIL stimata in quasi uno 0,5% all’anno. Solo così l’Abenomics si avvicinerebbe alle ambizioni di una Meiji-restoration.

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