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Gestore della settimana: “Ecco quali saranno i prossimi passi di Mario Draghi”

2/2/2015 | Massimo Morici

I mesi a venire sono cruciali ma per ora il verdetto deve essere un pollice verso l’alto, se non addirittura due, spiega Andrew Wilson, ceo per l'EMEA di Goldman Sachs AM


“Il tanto atteso annuncio di giovedì scorso da parte della Bce ha avuto un avvio un po’ zoppicante, con Mario Draghi in ritardo rispetto al previsto per colpa di un ascensore guasto, ma le prospettive per la zona euro sono decisamente migliorate dal momento in cui ha finito di parlare”. Così Andrew Wilson, ceo per l’EMEA di Goldman Sachs Asset Management commenta la decisione da parte della Bce di avviare il quantitative easing. “Nessuno sui mercati - prosegue - si aspettava davvero qualcosa di diverso da una espansione significativa del bilancio della Bce, ma la capacità del consiglio direttivo di concordare un intervento di dimensioni adeguate non era affatto scontata. I banchieri centrali, specialmente quelli della Bce, sono anche politici e Draghi si è abilmente assicurato un accordo per 60 miliardi di euro di acquisti mensili di titoli di Stato, insistendo sul fatto che l’80% del rischio resterà a livello nazionale”.

Il presidente dell’Eurotower ha sorpreso molti al rialzo per quanto riguarda la dimensione della manovra: 1.100 miliardi di euro, il massimo ammontare che era in discussione. Non solo. Draghi ha detto che il QE continuerà finché ci sarà un "percorso continuativo" nell’aggiustamento dell’inflazione della zona euro. Le prime reazioni sono state positive: l'euro ha iniziato la discesa tanto attesa e i rendimenti dei titoli di Stato in tutta la zona euro hanno registrato dei minimi record, come se non bastasse la costante compressione dei rendimenti in previsione dell’annuncio.

“La risposta iniziale è stata decisamente positiva – sottolinea Wilson - ma ci vorrà molto tempo prima che il successo sia garantito. Precedenti interventi da parte della BCE sono stati accolti con un entusiasmo solo temporaneo da parte dei mercati e Draghi sa che il loro andamento su tre mesi, piuttosto che in sole tre ore, sarà la vera cartina di tornasole del successo o del fallimento del QE”. Negli Stati Uniti, dove il QE ha funzionato, ci sono voluti molti mesi di ripresa del settore privato, alimentato da continue iniezioni di stimoli da parte della banca centrale, prima che gli investimenti mostrassero segnali di ripresa.

Secondo Wilson la natura del successo, nel medio termine almeno, non è del tutto chiara: dato il modo positivo in cui l'annuncio QE è stato segnalato, la cosa migliore su cui molti speravano era che il rally dei rendimenti obbligazionari innanzitutto venisse mantenuto, prima che migliorato. “Un meccanismo di trasmissione classica per il QE – spiega - fa sì che i rendimenti scendano nelle tipologie di asset che il mercato definisce prive di rischio, favorendo gli investimenti in strumenti più rischiosi dove è richiesto, come azioni o obbligazioni societarie. Mentre i titoli di Stato in Europa hanno raggiunto nuovi minimi la scorsa settimana, non è ancora chiaro se questa dinamica si verificherà anche questa volta”.

La propensione al rischio sta già migliorando, sottolinea il gestore, almeno tra gli investitori istituzionali, così mentre potrebbe risultare un beneficio marginale in termini di allocation in attività rischiose, non è chiaro quanto di questo meccanismo sia già stato messo in atto dal contesto di bassi tassi di interesse nel lungo termine. “Questo elemento del meccanismo di trasmissione - prosegue Wilson - soffre anche la dipendenza storica della finanza aziendale europea dal sistema bancario. Negli ultimi anni molti hanno predetto uno sviluppo dei mercati dei capitali europei che ricorda il modello statunitense. Infatti, la capacità della Fed di scavalcare le banche ha accelerato gli effetti della politica espansiva negli USA. Mentre il mercato obbligazionario sta crescendo in importanza in Europa rispetto al credito bancario, le banche rimangono il principale volano del capitale - soprattutto dopo diversi anni di stimolo diretto attraverso le banche sotto forma di LTRO di tre anni da parte della BCE".

Ma il QE non era l'unico annuncio programmatico importante di giovedì: Draghi ha anche annunciato un taglio di 10 punti base del costo del TLTRO, dimostrando di considerare ancora di più le banche uno strumento chiave della politica della banca centrale. “Il continuo predominio delle banche – sottolinea - ritarda l'effetto di stimolo monetario in Europa, soprattutto perché le stesse banche restano assediate dal costo del credito. Anche se il loro ruolo è cruciale, considerare le banche e le modalità con cui queste prestano denaro come unico indicatore del successo del QE potrebbe portare a fraintendere la situazione unica in cui l’Europa si trova, soprattutto rispetto agli Stati Uniti. Dovremmo forse considerare il mercato valutario e un continuo deprezzamento dell'euro, per un meccanismo di trasmissione più significativo del QE europeo”.

La dinamica, secondo Wilson, è semplice: il valore dell'euro scende, rendendo le esportazioni più convenienti nel mercato globale. Le società in Europa beneficiano dei relativi proventi, sostenendo gli utili, il valore delle azioni, l’interesse da parte degli investitori e (questa la speranza a Francoforte) l'economia in generale. Insieme agli effetti benefici della maggiore liquidità nel sistema, dovrebbe iniziare un circolo virtuoso, con le banche più disposte a finanziare l'economia reale. "Il problema - conclude Wilson - è che non esiste una scala di tempo definita perché questo abbia effetto, come ha dimostrato l'esperienza degli Stati Uniti. Le prime indicazioni sono buone, e l'ampiezza dell'intervento della Bce  è il tipo di indicazione di intenti di cui i mercati hanno bisogno per rimanere ottimisti, ma sarebbe sbagliato non chiedere che cosa succederebbe se…?".

Il QE, infatti, è stato l'ultimo strumento non utilizzato nella cassetta degli attrezzi di Draghi e se l'intervento in corso non avesse l'effetto a supporto dell’economia europea che Draghi auspica, non ci sono ulteriori novità di tipo politico a sua disposizione: se Draghi avesse bisogno di ricorrere nuovamente alla cassetta degli attrezzi della politica, quello che potrebbe fare è analogo. "Gli investitori - conclude Wilson - possono ancora chiedere dove si trova veramente il rischio sui titoli di Stato acquistati nell’eventualità di un default, ma questa, fortunatamente, rimane una prospettiva lontana. Che queste siano le domande più pressanti dimostra il successo di Draghi nel pensare ciò che prima era impensabile sul QE europeo e nel portare gli scettici dalla sua parte. I prossimi mesi sono cruciali ma, per ora, il verdetto deve essere un pollice verso l’alto, se non addirittura due. Per tornare, in conclusione, alla metafora dell'ascensore guasto della Bce, non è stata una partenza esaltante, ma l'ottimismo sta certamente "salendo".

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