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Cash o investiti? Perché i "guru" temono le banche centrali

4/16/2015

A preoccupare è il mix di prezzi in ascesa e rendimenti in forte diminuzione a seguito delle politiche monetarie accomodanti degli ultimi anni. Le opinioni di Larry Fink (BlackRock), Mohamed El Erian e Michael Ivanovitch


Le politiche monetarie adottate dalle banche centrali di tutto il mondo per far ripartire la crescita potrebbero produrre un effetto contrario scatenando la prossima crisi finanziaria? Una preoccupazione sempre più diffusa ai piani alti delle istituzioni finanziarie negli Stati Uniti. Lo dimostra l'ultima lettera agli investitori di Jamie Dimon, numero uno della banca più importante degli USA, JP Morgan, ma anche quella di Larry Fink, che guida BlackRock, il colosso dei fondi con oltre 4.700 miliardi di dollari in AUM. "La situazione sta peggiorando di giorno in giorno” scrive Fink parlando del rafforzamento del dollaro, che rischia di penalizzare l’economia USA, e della corsa dei prezzi di azioni e bond in un contesto di tassi a zero.

“Il mix di prezzi in ascesa e rendimenti in forte diminuzione - spiega Fink - sta creando uno scompenso pericoloso. Ma i gestori della politica monetaria sembrano non sufficientemente sintonizzati sugli effetti che le loro azioni stanno producendo sugli investitori: i quali possono continuare a cercare il rendimento alimentando le bolle oppure farsi da parte e guardare quello che succederà”.


Non è il solo a prefigurare scenari cupi. Numerosi blog dedicati agli investimenti negli States, hanno ripreso una recente intervista a Mohamed El - Erian, l’ex numero due di PIMCO, ora superconsulente di Allianz (controllante della casa di investimento californiana). Alla domanda del giornalista, che chiedeva dove avesse investito tra azioni, bond e Treasuries, El - Erian ha risposto in cash, spiegando "che non è certo la scelta migliore per battere l’inflazione, ma penso che i prezzi delle varie classi di attivo siano stati spinti dalle banche centrali a livelli troppo elevati”. Così alti da far aumentare a dismisura il divario tra i prezzi delle quotazioni e i fondamentali delle aziende. El - Erian, per dirla alla FInk, ha scelto di riestare a guardare.

Ma chi scatenerà la cris? Sarà la Fed, con l'annunciato rialzo dei tassi atteso entro fine estate? Non è d’accordo l’economista Michael Ivanovitch (un passato all'Ocse e alla Fed) che sul sito della Cnbc ha scritto pochi giorni fa che la Fed non sta preparando la prossima crisi finanziaria, ma “sta cercando di porre fine a quella che ha creato”. "La posizione della Fed è tecnicamente corretta" per l’economista e la tempistica della modifica del tasso di interesse, come ha ricordato la stessa Janet Yellen, dipenderà dall’inflazione e altri fattori dell’economia USA.

Comunque, indovinare la data del prossimo rialzo (giugno o settembre) "non è una buona giuda per gli investimenti" aggiunge Ivanovitch. Nonostante i livelli record dell’indice S&P 500, secondo l’economista investire nella borsa americana nel lungo termine significa ancora puntare su società molto forti a livello globale, con una impareggiabile liquidità, trasparenza e tutela per gli investitori sul fronte delle regole. Una scommessa di lungo termine sui rendimenti del reddito fisso è una scommessa sulla stagnazione economica degli USA e deflazione dei prezzi. "E quest'ultima - chiosa - è una scommessa sbagliata".

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