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Toro spaventato o orso terrorizzato

2/1/2016 | Redazione Advisor

Lombard Odier nella situazione attuale, la capacità dei decisori politici di gestire la maggiore "entropia" degli asset rischiosi globali determinerà quale fazione, tra tori e orsi, si affermerà nei prossimi mesi e trimestri


Orso o toro? Secondo Lombard Odier nella situazione attuale, la capacità dei decisori politici di gestire la maggiore "entropia" degli asset rischiosi globali determinerà quale fazione, tra tori e orsi, si affermerà nei prossimi mesi e trimestri.

Le argomentazioni a favore degli orsi sono chiare. L'enorme aumento della leva finanziaria nell'economia globale dalla crisi del 2008/9, soprattutto in Cina e nel settore dell'energia globale sta andando incontro alla sua fine inevitabile. Sta iniziando un'inversione necessaria nel ciclo di default per ripulire il sistema, oggi bloccato da un impiego del capitale non redditizio piuttosto consistente. L'uso diffuso di programmi di acquisto di asset sostenuti dall'emissione di nuova moneta, attuati da banche centrali fondamentali, ha indirettamente incentivato questo uso inefficiente del capitale, senza tener sufficientemente conto dei fondamentali sottostanti. Mentre era in corso questo impiego del capitale, i premi al rischio in diversi mercati rischiosi sono stati "artificialmente" soppressi per agevolare il processo. Questo ha portato a un temporaneo aumento della crescita (sebbene molto più limitato di quando inizialmente previsto o promesso), generando un ambiente "Goldilocks" per l'economia globale.

 

La prima sfida a questo "nuovo ordine economico" è emersa nel 2011, quando le questioni politiche europee hanno puntato i riflettori sui fondamentali di debito sottostanti. Se saltiamo rapidamente al 2016, l'attenzione ai fondamentali è diventata più acuta che mai, con il continuo rallentamento della Cina, associato ai rischi di tracollo (visti i sostenuti deflussi di capitali e la cattiva comunicazione delle politiche) che si riverberano in tutto il panorama macro globale. La situazione non è aiutata dall'inizio del ciclo di rialzo dei tassi da parte della Fed, che ha creato una spinta al rialzo per il dollaro (la valuta di riserva fondamentale a livello globale) almeno nell'ultimo anno e mezzo.

L'argomentazione dei tori, che incoraggia all'acquisto di asset rischiosi, soprattutto visti i recenti forti movimenti, si fonda sul premio al rischio relativo (rispetto alle obbligazioni governative) e sulla fiducia nel continuo impatto positivo delle politiche sui prezzi degli asset, se non sugli esiti economici, sia nelle economie avanzate che in Cina. Nel caso della Cina, l'aumento repentino della leva finanziaria in diversi settori nazionali (soprattutto nel governo locale, nell'immobiliare e nelle infrastrutture) è evidentemente un problema enorme. Tuttavia, per contrastare questa dura realtà è importante riconoscere che la Cina ha una struttura di comando politica ed economica, con oltre 3 trilioni di dollari in riserve largamente liquide. Inoltre, il paese ha già visto deflussi pari a circa 1 trilione di dollari negli ultimi tre anni (secondo i dati IIF), il che implica che i rischi di esposizione globale alla Cina si sono ridotti drasticamente. Il paese ha anche protezioni credibili disponibili, finché la disponibilità del governo resta intatta.

 

L'economia politica della Cina (stabilità economica come caposaldo del contratto sociale) e gli strumenti politici disponibili (che vanno oltre le semplici opzioni finanziarie ed amministrative ortodosse) sono la ragione essenziale dietro l'idea che la situazione può essere trasformata in una questione continuativa (come in Europa) invece che sfociare in un tracollo rapido e drastico, come abbiamo visto nel 1997 o nel 2008. Oltre alle sfide che riguardano la Cina, l'argomentazione dei tori è rafforzata ulteriormente da un ambiente di disinflazione globale (persino negli USA): questo significa che altre banche centrali fondamentali come la BCE e la BoJ dovranno attuare ulteriori misure di easing monetario, riattivando così il canale di riequilibrio dei portafogli, e gli investitori saranno obbligati a cogliere il premio al rischio extra offerto per raggiungere i propri obiettivi di rendimento.

 

Dove ci troviamo? Veniamo ora alla nostra visione: pensiamo che, sebbene la politica monetaria non abbia avuto grande successo in termini di impatto sui reali risultati economici, la sua forte influenza sugli asset rischiosi è innegabile. Riteniamo inoltre che, nel contesto attuale, la sensibilità delle banche centrali alle condizioni finanziarie sottostanti sia piuttosto elevata, vista la bassa crescita di produttività e la bassa inflazione, che continua a segnalare un'eccessiva lentezza dell'economia globale. Con la politica fiscale ancora non disponibile, la politica monetaria resta il baluardo fondamentale contro un'inversione del ciclo economico (soprattutto nelle economie avanzate), che sembra essere diventato un obiettivo chiave per i decisori politici in questa fase. Stiamo già vedendo alcuni segnali di questa aumentata sensibilità alle condizioni economiche, con la BCE che ha indicato un ulteriore easing, mentre la Fed la scorsa settimana ha consolidato il proprio atteggiamento dovish, nonostante l'avvio, lo scorso dicembre, del primo ciclo di rialzo dei tassi dal 2006. Tuttavia, in quanto investitori orientati ai fondamentali, restiamo negativi sul rischio di esposizione alla Cina, visto l'adeguamento dell'economia ancora in corso.

Pensiamo però che la promessa o la reale iniezione di ulteriore liquidità ridurrà il rischio di un importante shock del "beta", consentendo un'azione dei prezzi più differenziata, sebbene turbolenta, nelle dinamiche degli asset rischiosi. La nostra filosofia d'investimento, incentrata su un investimento consapevole del rischio, sui fondamentali sottostanti e la comprovata abilità dei gestori a costruire portafogli, implica una forte attenzione ai rischi di coda strutturali nel sistema, che nascono da una leva finanziaria molto elevata e da condizioni di liquidità frammentate.

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