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Le vere sfide del dopo-Brexit

6/29/2016 | Redazione Advisor

La sorpresa, l'incertezza, la politica, le opportunità. Ecco quali sono i primi possibili reali effetti del referendum UK su mercati e non solo secondo Paolo Balice, Presidente di AIAF.


La sorpresa, l'incertezza, la politica, le opportunità. Ecco quali sono i primi possibili reali effetti del referendum UK su mercati e non solo secondo Paolo Balice, Presidente di AIAF- Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti Finanziari

Il tema Brexit si ricollega, al momento, alla tematica della sorpresa e al conseguente clima di incertezza che segue ad un evento temuto ed inaspettato che, appunto, si materializza.

Il secondo elemento è rappresentato dal contrasto tra la velocità e la dimensione della reazione dei mercati e la macchinosità della effettiva implementazione di Brexit.

Senza entrare nei meandri dell'applicazione dell'art. 50 del Trattato di Lisbona è chiaro che sussiste innanzitutto una chiara ed iniziale complessità nell'individuare l'interlocutore con cui la Unione Europea dovrebbe discutere il Brexit.

Sono in atto sommovimenti nel partito conservatore per individuare il successore di Cameron ed, indirettamente, evitare nuove elezioni.

La Scozia vuole in qualche modo scongiurare l'impatto dell'esito del referendum e provare ad imbrigliarne i risultati.

A questo si aggiungono altre reazioni che confermano la spaccatura in atto in UK come la fantomatica ma significativa raccolta di firme per un nuovo referendum e le preoccupazioni del Sindaco di Londra che paventa una variopinta ipotesi di sganciamento, di tipo scozzese, di Londra dagli effetti di Brexit.

Ma non siamo qui per fare i politologi. Possiamo però dire che l'emergenza Brexit potrebbe mettere in secondo piano i contrasti sui temi che stanno rallentando da tempo la costruzione di una effettiva unione economica europea a cominciare dalle banche e da tutto quello che dovrebbe essere fatto per riportare su un sentiero di crescita solida tutti i Paesi della Unione Europea.

In questo senso solo una Europa Unita può fronteggiare la sfida Brexit.

Tra i tanti effetti sui mercati alcuni non sono negativi: il calo di euro e sterlina verso le altre monete è un fatto in sé positivo, considerando la maggiore competitività in un contesto di deflazione che quindi non teme l'inflazione importata.

La Bce sta facendo scudo sui Bond governativi periferici e dovrebbe approfittare del calo del comparto obbligazionario corporate per confermare e rafforzare la sua politica annunciata ed avviata di acquisto di obbligazioni non governative.

Restano le Borse: i livelli raggiunti da alcuni titoli hanno fatto parlare di occasione di acquisto.

Non abbiamo sufficienti elementi di previsione macro per capire se, complessivamente, il mercato ha davvero esagerato e comunque il tema deve essere trattato analiticamente e declinato su settori e singole società.

Entrando però in un caso specifico che ci sta a cuore e che vede valori molto, molto sacrificati, è importante modificare tempi e modi nell'azione della nuova vigilanza bancaria europea.

E' chiaro che sono ineluttabili nel settore bancario profonde ristrutturazioni per definire un più equilibrato rapporto tra costi e ricavi nel medio lungo termine.

Ma 5 anni di recessione con il relativo effetto in termini di NPL non può essere riassorbito nel breve termine.

E’ una condizione fondamentale per favorire questo riassorbimento nei giusti tempi è invertire definitivamente il clima di incertezza preesistente a Brexit sul tema della crescita, rafforzando per esempio il famoso piano Junker da 300 mld di euro di investimenti, che stante il livello ormai da tempo negativo dei tassi di interesse di riferimento e sui mercati "core" appare una delle strade per sostenere l'economia che deve contribuire a far ritornare la politica monetaria ad una gestione "ordinaria".

In un contesto di crescita sarà poi più agevole consolidare anche la finanza pubblica sia in valore assoluto che relativo.

Sarà anche più semplice contrastare il disagio sociale che si riflette nel voto di protesta anti-europeista, rafforzato anche da una gestione ancora troppo timida e poco efficace della questione migranti.

Tuttavia la storia di questi ultimi anni ha evidenziato che proprio sotto le pressioni dei mercati finanziari le Istituzioni europee hanno dato prova di maggior decisionismo, nella direzione di una maggiore integrazione e della soluzione dei problemi aperti (la Grecia, la crisi delle banche e dei Paesi periferici).

Le prospettive di uscita di un Paese storicamente scettico sull’integrazione europea potrebbe rappresentare lo spunto per ritrovare e coltivare lo spirito dei Paesi fondatori, accelerando un processo di integrazione ulteriore (non solo economica e finanziaria, ma anche politica) che a questo punto appare una condizione essenziale per non rischiare di tornare indietro di mezzo secolo di storia.

 Paolo Balice - Presidente di AIAF- Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti Finanziari

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