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"Ecco perché la Bce dovrebbe evitare le banche"

7/19/2016 | Redazione Advisor

Lo spiega il capo economista di Invesco, John Greenwood, che stima una crescita debole (1,6%) per la zona Euro nel 2016. Inflazione attesa allo 0,2%


"Sebbene le conseguenze a lungo termine del referendum sulla Brexit sembrino destinate a favorire il resto dell'UE a scapito del Regno Unito, a breve termine gli shock per l'attività derivanti da un indebolimento della sterlina e un rallentamento nel Regno Unito incideranno negativamente sulle altre economie europee e la crescita nella zona euro continuerà a essere modesta. Per il 2016 nel suo complesso, prevediamo un incremento dell'1,6% per il PIL reale e dello 0,2% per l'inflazione”. È questa l’opinione di John Greenwood (nella foto), capo economista di Invesco, nell’outlook macroeconomico del terzo trimestre 2016.

Nel primo trimestre 2016 il Pil della zona euro ha evidenziato un'espansione dello 0,6% su base trimestrale (superando gli Stati Uniti e il Regno Unito per la prima volta da molti anni) e una crescita dell'1,7%, rispetto all'anno precedente, mentre nel secondo trimestre, dopo anni di stagnazione, è finalmente ritornato al livello pre-crisi. La crescita è scaturita da un modesto aumento degli investimenti, maggiori consumi favoriti dal calo del prezzi dell'energia e crescita netta delle esportazioni. "Tuttavia, nonostante una maggiore crescita delle spese, i perduranti bassi tassi di crescita degli investimenti e del credito in combinazione con il recente rafforzamento dell'euro hanno avuto come conseguenza un'inflazione dell'area euro al di sotto degli obiettivi ufficiali" dice Greenwood.

Per cercare di superare questo problema, la Banca centrale europea ha deciso di ampliare gli acquisti di asset nell'ambito del Quantitative easing (QE) da 60 a 80 miliardi di euro mensili a partire da aprile e sino a marzo 2017, e oltre se necessario. Ha ampliato anche il ventaglio di acquisti allo scopo di includere 5-10 miliardi di euro al mese di obbligazioni societarie e lanciato quattro operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT II). Il programma di QE della Bce, però, continua a rivelarsi per i mercati e l'economia dell'area euro meno stimolante di quanto dovrebbe a causa di fondamentali debolezze strutturali. 

"In altre parole, sarebbe meglio che la Bce evitasse le banche, anziché affidarsi a esse per creare prestiti e quindi depositi in una fase in cui queste sono gravate da bilanci compromessi" spiega Greenwood. "Sebbene i nuovi acquisti di obbligazioni societarie creino nuovi depositi a disposizione di entità non bancarie, la parte restante e più consistente del programma è ancora una volta concepita per funzionare attraverso la catena di trasmissione del sistema bancario. Tuttavia, le banche continuano a dimostrarsi riluttanti a concedere finanziamenti e la semplice riduzione dei tassi d'interesse, anche in territorio negativo, non garantisce una crescita più rapida degli investimenti o dei depositi" conclude Greenwood.

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