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Dopo Brexit non abbandonate l'equity europeo

10/12/2016 | Marco Negri*

Lo scetticismo è l’atteggiamento prevalente circa le prospettive a breve termine. Tuttavia, la crescita economica in Europa, seppur lenta, rimane positiva. E i dividendi...


Oggi in Europa le imprese stanno affrontando sfide difficili: la combinazione di tassi di interesse negativi, l’incertezza post-Brexit, crescita economica debole e correnti politiche mutevoli aumentano le preoccupazioni anche per le società più solide. Di conseguenza, lo scetticismo è l’atteggiamento prevalente circa le prospettive a breve termine di un significativo apprezzamento dei corsi azionari. Tuttavia, tale pessimismo può nascondere interessanti opportunità per coloro disposti ad adottare un approccio selettivo e le strategie con la flessibilità di prendere sia posizioni corte sia lunghe possono godere di una scelta ancora più ampia, dato l’andamento economico altalenante del continente. Mentre l’incertezza che circonda lo sviluppo del divorzio tra UK e Unione Europea non ha di certo aiutato il mercato azionario in Europa, l’attuale debolezza è iniziata ben prima del referendum di giugno. Che cosa ha spinto gli investitori ad allontanarsi dalla regione?

 

Da un lato, la preoccupazione per gli utili aziendali, dovuta principalmente al rafforzamento dell’euro rispetto al dollaro alla fine del 2015 e le ripercussioni negative sulle esportazioni europee; dall’altro, il ritmo di crescita del PIL dell’Eurozona, ostinatamente lento, nonostante l’intervento aggressivo da parte della BCE  per abbassare i tassi di interesse e stimolare il prestito bancario; infine, l’ansia circa il possibile impatto della decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea. Almeno per il momento Brexit non sembra però essere il principale responsabile: i prezzi delle azioni continuano a oscillare ai livelli di aprile, prima del voto.

 

Inoltre, il solido trend di distribuzione dei dividendi, che ha storicamente caratterizzato le società europee, è cambiato poco nonostante le recenti turbolenze nel continente, con l’attuale dividend yield dell’Euro Stoxx 600 leggermente superiore al 3,5%. Tale risultato si pone ben al di sopra del dividend yield dell’indice USA S&P 500, al 2,15%. L’incognita maggiore riguarda l’effettiva capacità delle aziende europee di incrementare gli utili e i prezzi delle proprie azioni in un’economia ancora debole. La crescita annua del PIL è bloccata tra l’1,6% e l’1,7% dalla metà del 2015 e l’inflazione sui consumi deve ancora ripartire attestandosi in un range compreso tra -0,2% e +0,3%.

 

Tuttavia, la crescita economica in Europa, seppur lenta, rimane positiva. La disoccupazione nell’Eurozona è rimasta costante a livelli bassi dal 2013, in calo dall’11% al 10,1% nel corso dello scorso anno. E la BCE non ha mostrato alcun segno di esitazione nel procedere con il suo programma di stimolare i prestiti e aumentare l’inflazione. Se il trend di miglioramento dovesse continuare, supportando utili più solidi per le imprese europee, la questione si sposta sulle valutazioni aziendali. Considerate in forma aggregata, le borse europee non appaiono particolarmente a sconto in termini di P/E.

 

Gli attuali forward a 12 mesi sui P/E dell’indice MSCI Europe sono quotati tra 14 e 15 volte gli utili – al di sopra delle medie storiche. I dati aggregati dell’indice per una regione tanto eterogenea come l’Europa non rappresentano però necessariamente il migliore set di opportunità. Le prospettive delle imprese variano enormemente per settore e per paese. Questo tipo di complessità si presta alle competenze dei gestori, liberi di intraprendere scelte selettive e in grado di generare rendimenti molto diversi rispetto al mercato nel suo complesso.

 

Detto che la tempistica e la dinamica del divorzio EU/UK non dovrebbe necessariamente tradursi nello scenario peggiore, a spingere i titoli azionari europei in futuro potrebbero essere da una parte un rialzo dei tassi da parte della Fed già entro il 2016 - che potrebbe spingere al rialzo il valore del dollaro rispetto all’euro favorendo le esportazioni europee – e dall’altra una Germania disposta ad accogliere la richiesta di Francia e Italia per un maggiore stimolo finanziario nell’eurozona. La volatilità apre numerose opportunità per i gestori azionari attivi, e ancor di più per chi ha mandati long-short che possono beneficiare sia dei rialzi dei prezzi azionari che di mercati in discesa. Negli ultimi 12 mesi non sono mancate le occasioni di dislocazione dei prezzi su titoli azionari specifici generati da reazioni impulsive a notizie economiche. Ma questo tipo di scenario, in cui la volatilità può emergere in fretta, è quello in cui i gestori attivi hanno il potenziale di identificare e aggiungere il valore che le strategie tradizionali potrebbero non essere in grado di cogliere.

 

*Marco Negri, country head Italia di Legg Mason

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