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Se il factor investing rimane l'ultimo rifugio

10/12/2016

Nel contesto attuale di bassa crescita, bassa inflazione, valutazioni alte e rendimenti bassi sempre più investitori chiedono delle alternative


Per la prima volta dallo scoppio della crisi finanziaria il Comitato di asset allocation di Neuberger Berman ha rivisto al ribasso il giudizio a 12 mesi per l’azionario statunitense. In passato una posizione simile non avrebbe creato molti problemi. Se le valutazioni sono alte questo significa che gli investitori preferiscono le azioni alle obbligazioni. Da questo consegue che i prezzi delle obbligazioni sono relativamente bassi, lasciando un discreto rendimento a chi voglia usarle per diversificare il portafoglio in modo efficace per ridurre il rischio. Ma questa volta i titoli obbligazionari sono ancora più cari di quelli azionari. A cosa possono guardare gli investitori per bilanciare la loro esposizione?

Un primo “rifugio” da valutare è il premio di rischio alternativo o “factor investing”. “Nel contesto attuale di bassa crescita, bassa inflazione, valutazioni alte e rendimenti bassi sempre più investitori chiedono delle alternative rispetto alle modalità di investimento tradizionali. Il premio di rischio alternativo è semplicemente l’extra rendimento che si può ottenere dall’assumersi rischi non tradizionali” spiega Wai Lee, Global Head of Quantitative Investments di Neuberger Berman. “Se si investe in aziende sottovalutate, ad esempio, si può ottenere un extra rendimento per essersi assunti il rischio che queste siano sottovalutate per un buon motivo. Investire in titoli i cui prezzi sono cresciuti molto può portare un extra rendimento per essersi assunti il rischio che tutto quello che diventa eccessivamente teso, finisce per tornare velocemente alla posizione iniziale” prosegue il gestore.

Questi premi di rischio sono noti come “value” e “momentum” e andrebbero messi in pratica usando strategie long/short: con posizioni corte di aziende sopravvalutate e posizioni lunghe di aziende sottovalutate. “Sono state identificate dozzine di altre strategie, le più convincenti hanno lunghe storie di extra rendimenti e un fondamento chiaro in cambio del rischio economico assunto. Gli investitori stanno scoprendo che questi premi di rischio hanno avuto scarse correlazioni con gli asset tradizionali: se pensiamo all’applicazione di quella long/short, le strategie che usano i premi di rischio in modo esclusivo sono intuitivamente neutre nei confronti del mercato” sottolinea Lee. Un altro premio di rischio è il “carry” nei mercati a reddito fisso: consiste nel detenere posizioni lunghe di obbligazioni che mostrano una curva dei rendimenti più ripida e posizioni corte di titoli con una curva dei rendimenti più piatta.

“Ha avuto performance notevoli a seguito della Brexit. Il fattore carry in ambito valutario ne è uscito in modo piuttosto incolore. In breve, i premi di rischio alternativo non solo sono correlati debolmente con i premi di rischio tradizionali del mercato ma anche l’uno con l’altro, persino quando premiano rischi simili su asset class diverse” dice Lee. Il problema, tuttavia, spiega il gestore è l’integrazione di queste strategie all’interno dei portafogli: i premi di rischio alternativi possono essere troppo efficienti e diversificare troppo. "Con l’assottigliamento dei premi di rischio sul mercato tradizionale, gli investitori sono sempre più consapevoli del potenziale espresso dai premi di rischio alternativi, in qualunque modo scelgano di metterli in pratica" conclude il gestore.

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