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Rendimenti: il 2017 sarà un altro anno "così così"

12/20/2016

L'accelerazione della reflazione favorisce le azioni rispetto alle obbligazioni, meglio i ciclici dei difensivi. Ecco l'outlook di Stephanie Flanders di JP Morgan AM


Dall’inizio del 2009, l’indice S&P 500 è salito del 292% in termini di rendimento totale, mentre il rendimento totale annuo medio di un portafoglio costituito da azioni e obbligazioni globali al 50/50 è stato del 7,6%, ossia significativamente più elevato del rendimento annuo medio del 5,1% registrato tra il 1998 e il 2008, nonostante l’economia globale abbia espresso una performance più debole. I prossimi anni saranno ancora così? "Questa è la domanda che investitori ed elettori si sono posti nel 2016, in modi diversi e in occasioni differenti. Ora che questo anno turbolento si sta per concludere, possiamo vedere che la risposta in entrambi i casi è stata no" scrive Stephanie Flanders (nella foto), managing director e chief market strategist per l’Europa e UK di JP Morgan Asset Management.

Flanders ricorda che il 2016 sarà ricordato per gli sconvolgimenti politici: il voto favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e l’elezione di Donald Trump evidenziano infatti "l’insoddisfazione nei confronti dei partiti e dei politici tradizionali", mentre gli investitori lo ricorderanno probabilmente anche come l’anno in cui sono cessati i timori di deflazione globale, i tassi d’interesse a lungo termine hanno finalmente cominciato a salire e le banche centrali hanno smesso di dettare le regole. E il 2017? Per Flanders l’accelerazione della reflazione e la minore enfasi sulla politica tenderanno in futuro a incrementare i rendimenti delle azioni rispetto alle obbligazioni e a indurre gli investitori a preferire gli attivi ciclici a quelli più difensivi.

Sul fronte obbligazionario, invece, "sembra inoltre emergere una tendenza sfavorevole alla detenzione di obbligazioni a lungo termine". Tuttavia, prosegue l'esperta, "non sono scomparsi i fattori strutturali e a livello di offerta che frenano la crescita della produttività e gli investimenti globali, spingendo al rialzo la domanda relativa di attivi sicuri. Questi vincoli strutturali, in combinazione con il fatto che gli Stati Uniti sono in una fase molto più avanzata del ciclo reflazionistico rispetto ad altre parti del mondo sviluppato, suggeriscono che per gli investitori la ricerca di reddito e nuove forme di sicurezza continueranno a essere fondamentali".

Tra i fattori di rischio Flanders indica eventi politici e misure politiche che continueranno verosimilmente a dominare la scena nel 2017, nel corso del quale inizieranno le trattative per la Brexit e si terranno importanti elezioni in Europa. Riteniamo però che per gli investitori l’economia reale continuerà a rappresentare il fattore più importante,soprattutto per quel che riguarda le dinamiche sul versante dell’offerta negli Stati Uniti, la resilienza dell’Eurozona e la ripresa del Regno Unito in un clima di incertezza, nonché il ritmo e l’entità di un’eventuale ulteriore apprezzamento del dollaro.

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