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BNP, 2018: il mistero dell'inflazione

12/12/2017 | Greta Bisello

Il commento di Daniel Morris Global Investment Strategist sulle previsione per il prossimo anno. Le banche centrali inizieranno un percorso di normalizzazione e i mercati reagiranno a una minor liquidità in circolazione.


Crescita buona e diffusa senza particolari battute di arresto, almeno fino al prossimo anno.

Il 2018 non spaventa Daniel Morris global investment strategist di Bnp Paribas. L’outlook 2018 infatti sarà caratterizzato da alcuni cambiamenti quali la normalizzazione da parte delle banche centrali, con occhi puntati sui rialzi dei tassi della Fed e la riduzione del QE da parte della BCE. I PMI dei Paesi europei e americani hanno fatto registrare livelli più alti rispetto agli anni precedenti e l’appiattimento della curva del rendimento non implica una recessione immediata. Il rischio più grande è quello di un ritorno dell’inflazione tenuta sotto controllo sino questo momento.

 

I TWEET DI TRUMP NON SPAVENTANO 

Gli Stati Uniti al momento guardano alla Fed, al prossimo rialzo di questo mese e all’avvicendamento di Powell alla Jellen anche se, come successo quest'anno, il mercato prevede cose divergenti rispetto alla banca centrale: un rialzo per il 2018 contro i 3  - o anche di più -, previsti invece dalla Fed. Un altro elemento che potrebbe spostare, se pur di poco, l’ago della bilancia è la riforma fiscale in attesa del suo testo finale, approvata nelle sue due varianti di Camera e Senato. In ogni caso, Trump a detta di Morris non spaventa più il mercato tanto meno i tanto discussi tweet del presidente.

 

EURO SORVEGLIATO SPECIALE

Per il prossimo anno si prevede una crescita del 2% nell’eurozona. Le elezioni italiane non costituiscono più un elemento disturbante anche alla luce della nuova legge elettorale. A spaventare di più è invece un ritorno al super euro (che al momento si attesta attorno all’ 1,15-1,20 sulla divisa americana) ma che se arrivasse a sfiorare l’1,30 impatterebbe e di molto sui mercati. Rimanendo in ambito valutario, un eventuale deprezzamento del dollaro invece gioverebbe agli emergenti.  

 

LA CINA RIFORMISTA

Se si guarda ai mercati emergenti, la Cina rappresenta un rischio, il Paese sta attraversando un momento storico caratterizzato dalle riforme grazie all’affermazione del Governo di Xi Jinping supportato dai membri del Congresso. Anche se le stime della crescita per il 2018 sono al di sotto se comparate a quelle di quest’anno, sarà una tipologia “più sana”.

 

Sull’azionario Morris consiglia di preferire l’Europa agli Stati Uniti ad eccezione del settore tech che continua a ottenere ottime performance oltreoceano. Giudizio positivo inoltre per le performance dell’azionario emergente.

Sul fronte obbligazionario da preferire i Treasury sul Bund (con un rendimento rispettivamente del 2,3% e dello 0,3%).

 

 

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