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Commercio globale: dominano i rischi al ribasso

8/9/2017 | Craig Botham*

È questa l'analisi dell'economista specializzato sui mercati emergenti di Schroders


Il commercio globale ha registrato buone performance quest’anno finora, nonostante i notevoli cambiamenti nei prezzi delle materie prime. Sia i valori che i volumi stanno crescendo anno su anno, a livelli visti l’ultima volta nel 2011. Si tratta di una notizia particolarmente incoraggiante per i mercati emergenti, dove la crescita dell’economia e dei listini azionari tende ad essere più dipendente dalle esportazioni rispetto ai mercati sviluppati.

Recentemente sembra esserci stata una pausa nella fase di slancio del commercio globale. Sebbene non si stia ancora cambiando direzione, potrebbe aver raggiunto il suo picco. Una possibile motivazione di questa maggior forza del commercio potrebbe essere che anche la crescita globale è più forte. Tuttavia, sebbene la crescita sia aumentata nel primo trimestre, il tasso di espansione economica è a livelli simili dal 2014 e ha avuto un certo rallentamento solo nel 2016. Nonostante ciò, il commercio si trova al livello più alto dal 2011.

Allo stesso tempo, la crescita globale è diventata più trade intensive, anche se il moltiplicatore commerciale resta su livelli molto bassi se comparati ai livelli pre-crisi. Potrebbe trattarsi di un fattore molto positivo per i mercati emergenti se fosse sostenibile, dato che indicherebbe un nuovo ciclo di globalizzazione: un’ulteriore integrazione con le catene di produzione e distribuzioni globali, che sosterrebbe gli utili da investimenti e esportazioni. Nel caso in cui si trattasse invece di una ripetizione delle oscillazioni cicliche evidenti nel moltiplicatore nel periodo considerato, sarebbe un miglioramento meno utile.

I driver della ripresa del commercio
È difficile non parlare di Cina in qualsiasi discorso sui flussi commerciali globali, vista la posizione dominante che la sua economia ricopre in questo ambito. Le esportazioni verso il gigante asiatico hanno registrato la crescita maggiore rispetto a quasi tutti le altre regioni, eccetto quella dell’Asia ex-China. Per Pechino la domanda statunitense sembra aver giocato il ruolo maggiore. Uno sviluppo inaspettato, rispetto a qualche mese fa, è la solidità della domanda giapponese, mentre più prevedibile, vista la forza della crescita domestica, è l’aumento della domanda dell’Eurozona per l’Asia ex China e per il gruppo CEEMEA (Central and Eastern Europe, Middle East & Africa), sebbene altri Paesi debbano ancora percepirne i benefici.

Non è un segreto che la Cina abbia utilizzato delle misure di stimolo fino a poco tempo fa e che gli effetti siano stati di sostegno per la domanda e per i prezzi globali delle materie prime. Allo stesso modo, si è parlato molto anche del fatto che Pechino abbia avviato una politica restrittiva, riducendo il credito e la liquidità. Sebbene ciò non sia ancora visibile nella maggior parte dei dati sulla crescita, continuiamo ad aspettarci che sarà così, visto quanto alcune aree dell’economia sono storicamente dipendenti dal credito. Se davvero si dovessero ringraziare gli stimoli cinesi per la maggior forza del commercio globale, il miglioramento del moltiplicatore del commercio sembrerebbe più un rialzo legato al ciclo che un cambiamento strutturale.

Sebbene il commercio cinese abbia sorpreso al rialzo, è evidente un trend di rallentamento. Anche il Giappone, nonostante la sua forte domanda, ha mostrato segni di un cambio di tendenza. Perché il commercio globale continui ad essere supportato, è necessario che si sviluppino altre fonti di domanda. Secondo le nostre previsioni, con gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone che vanno verso una crescita minore nel terzo e quarto trimestre rispetto al secondo, l’Europa è la fonte più probabile di un aumento della domanda. Tuttavia, la domanda europea sembra finora aver avvantaggiato maggiormente l’area CEEMEA e i Mercati Emergenti dell’Asia ex China rispetto alle altre aree.

Ciò è in contrasto con la domanda cinese, che sembrava generare benefici più diffusi. I dati storici suggeriscono che questa differenziazione probabilmente in parte persisterà. Sembra dunque che una crescita del commercio guidata dall’Europa possa avvantaggiare un gruppo di Paesi diverso e più piccolo rispetto a quando a guidare la domanda era la Cina. L’America Latina e gli Stati Uniti probabilmente ne saranno danneggiati, mentre il Giappone ne potrebbe beneficiare. Tutto ciò, assumendo che non ci saranno altri impedimenti al commercio – un presupposto che potrebbe non essere così certo.

Pechino e Washington hanno riavviato il dialogo sul commercio, ma la mancanza di un accordo nel contesto del Comprehensive Economic Dialogue fa nascere il dubbio su una possibile imposizione da parte degli Usa di tariffe sull’acciaio cinese e su altri beni importati. Gli Stati Uniti restano determinati a ridurre il proprio deficit commerciale con la Cina e sono diventati sempre più critici nei confronti delle regole del WTO, che Washington ritiene avvantaggiare Pechino.

Il crescente rischio di protezionismo negli Stati Uniti porta con sé il rischio che gli altri Paesi impongano tariffe a loro volta, come rivalsa, danneggiando i meccanismi del commercio globale. Anche l’Europa ha discusso di una potenziale misura di rivalsa contro gli Usa per le recenti sanzioni annunciate contro la Russia, che sembrano mirare alle imprese energetiche europee.

Dominano i rischi al ribasso
In generale, sembra che, guardando al futuro del commercio globale, i rischi negativi superino i fattori positivi. Si prevede che lo slancio della crescita dovrebbe indebolirsi in Giappone, negli Usa e in Cina e sembra improbabile che l’Europa possa compensare completamente tale andamento. Inoltre, altri elementi di supporto, come gli effetti dei prezzi delle materie prime e il ciclo tecnologico, dovrebbero ridursi. Non vediamo segnali di un collasso drammatico, ma riteniamo che il momentum positivo abbia raggiunto il suo picco.

*Emerging Markets Economist

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