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Popolare di Vicenza e Veneto Banca: tutte le attività e passività acquistate da Intesa Sanpaolo

6/26/2017

La banca ha firmato il contratto di acquisto al prezzo simbolico di un euro e riceverà quasi 6 miliardi dallo Stato. Previsti 3.900 esuberi e il taglio di circa 600 filiali


Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono salve. Intesa Sanpaolo, come riporta una nota della banca diffusa stamane, lunedì 26 giugno, ha firmato con i commissari liquidatori di Banca Popolare di Vicenza (Claudio Ferrario, Giustino Di Cecco e l’ex a.d. Fabrizio Viola) e Veneto Banca (Alessandro Leproux, Giuliana Scognamiglio) il contratto di acquisto, al prezzo simbolico di un euro, della parte sana delle due banche venete. Il decreto legge, approvato in una riunione lampo del consiglio dei ministri convocato in via straordinaria ieri, domenica 25 giugno, ha creato la cornice normativa per la liquidazione coatta amministrativa dei due istituti, con il conseguente passaggio di alcune attività e passività a Intesa Sanpaolo.

IL DECRETO AD HOC
"È una decisione molto importante, molto urgente, e necessaria e io confido che questa decisione avrà in Parlamento il sostegno che merita, cioè il più ampio possibile" ha affermato il premier Paolo Gentiloni, in una conferenza stampa al termine del Cdm. La crisi delle banche venete, ha detto ancora il premier, risale a prima della crisi economica e "ha raggiunto livelli che hanno reso necessario un intervento di salvataggio". In particolare, il governo con il decreto mobilizza risorse fino a 17 miliardi di euro. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, ha spiegato che l’esborso effettivo sarà di circa 5 miliardi - “cifre che non impattano sull’indebitamento” ha specificato il ministro - e che le risorse aggiuntive (per un importo massimo di 12 miliardi) servono "per la copertura del rischio di una retrocessione di crediti che non risultino in bonis al termine della due diligence, per un ammontare massimo 6 miliardi e 300 milioni". L'altra voce importante è una "garanzia fino a 4 miliardi per crediti attualmente in bonis, ma ad alto rischio".

Il Mef, venerdì scorso (23 giugno) in una nota, ha informato che le due ex popolari venete sono in una condizione definita dall'autorità di vigilanza della Bce come “failing or likely to fail” (vicine al fallimento). E che l’autorità europea responsabile delle decisioni di risoluzione bancaria (SRB - Single Resolution Board) è giunta alla conclusione che non sia possibile dichiarare la risoluzione in quanto non sussiste il requisito dell’interesse pubblico. Di conseguenza, si legge nel comunicato del governo, si è ritenuto di fare ricorso alla normativa nazionale e in particolare al TUB, che prevede l’avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa. "Tuttavia, atteso che l’applicazione della procedura ordinaria rischierebbe di produrre conseguenze negative per il tessuto produttivo e sociale, per l’occupazione e per i risparmiatori, il governo ha ritenuto necessario adottare misure pubbliche a sostegno di una gestione ordinata della crisi delle due banche, nel contesto di una speciale procedura d’insolvenza" prosegue la nota di Palazzo Chigi.

Le misure adottate, in particolare, prevedono “aiuti compatibili con il mercato interno” ritenuti ammissibili dalle regole europee in quanto volti a evitare danni economici più ampi, subordinati all’approvazione da parte della Commissione europea. Il governo ha specificato che gli aiuti di Stato sono consentiti dalla Comunicazione della Commissione europea dell’agosto 2013 a patto che 1) i costi della liquidazione devono essere contenuti al minimo necessario, 2) le distorsioni alla concorrenza devono essere limitate; 3) gli azionisti e i creditori subordinati devono condividere l’onere dell’operazione; 4) in caso di acquisizione di un ramo d’azienda da parte di un soggetto terzo (come nel caso di Intesa) l’operazione non deve pregiudicare le capacità operative di quest’ultimo.

Intesa Sanpaolo nella nota ha specificato che il suo intervento “permette di evitare i gravi riflessi sociali che sarebbero altrimenti derivati dalla procedura di liquidazione coatta amministrativa delle due banche, salvaguardando l’occupazione delle persone che vi lavorano, i risparmi affidati da circa 2 milioni di famiglie e l’attività di circa 200 mila imprese finanziate e conseguentemente l’occupazione di 3 milioni di persone nelle regioni che registrano la maggiore crescita economica del Paese”.

COSA HA COMPRATO INTESA
Ma cosa ha comprato in dettaglio Intesa? L’acquisto - prosegue la nota - riguarda un perimetro segregato che “esclude i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili e esposizioni scadute), le obbligazioni subordinate emesse, nonché partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali all'acquisizione”. Rientrano nel perimetro oggetto di acquisto anche le partecipazioni in Banca Apulia, Banca Nuova, in SEC Servizi, in Servizi Bancari e, subordinatamente all’ottenimento delle relative autorizzazioni, nelle banche con sede in Moldavia, Croazia e Albania (non Bim e Arca Fondi, che finiranno nella bad bank e messi in vendita). A titolo di ristoro per i piccoli risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle due banche, Intesa Sanpaolo stanzierà complessivamente 60 milioni di euro, che includono un importo come proprio intervento in aggiunta alla quota parte prevista del contributo del sistema bancario.

In tutto Ca’ de Sass acquista crediti in bonis diversi da quelli ad alto rischio per circa 26,1 miliardi di euro, attività finanziarie per circa 8,9 miliardi di euro, attività fiscali per circa 1,9 miliardi di euro, debiti verso clientela per circa 25,8 miliardi di euro, obbligazioni senior per circa 11,8 miliardi di euro, raccolta indiretta per circa 23 miliardi di euro, di cui circa 10,4 miliardi di risparmio gestito, circa 900 sportelli in Italia e circa 60 all’estero, inclusa la rete di filiali in Romania, circa 9.960 persone in Italia e circa 880 all’estero. Il perimetro oggetto di acquisto comprende anche “crediti in bonis ad alto rischio per circa 4 miliardi di euro, con diritto di Intesa Sanpaolo di retrocessione nel caso di rilevazione, nel periodo fino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020, dei presupposti per classificarli come sofferenze o inadempienze probabili”.

​I TAGLI E GLI ESUBERI
La banca ha istituito all’interno della Banca dei Territori, una nuova direzione regionale cui faranno capo i rami d’azienda costituiti dalle attività rilevate da Popolare di Vicneza e Veneto Banca che sarà guidata ad interim a Stefano Barrese, responsabile della divisione Banca dei Territori, e articolata in due unità organizzative affidate a Gabriele Piccini.

L’operazione - sottolinea la banca in una nota - garantisce la totale neutralità dell’acquisizione rispetto al Common Equity Tier 1 ratio e alla dividend policy di Intesa Sanpaolo e prevede, inoltre, un contributo pubblico cash a copertura degli impatti sui coefficienti patrimoniali di 3,5 miliardi di euro non sottoposti a tassazione e un ulteriore contributo pubblico cash di quasi 1,3 miliardi di euro “a copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione connessi all’acquisizione, che riguardano tra gli altri la chiusura di circa 600 filiali e l’applicazione del Fondo di Solidarietà in relazione all’uscita, su base volontaria, di circa 3.900 persone del gruppo risultante dall’acquisizione, nonché altre misure a salvaguardia dei posti di lavoro quali il ricorso alla mobilità territoriale e iniziative di formazione per la riqualificazione delle persone”.

LA CLAUSOLA RISOLUTIVA
Previste garanzie pubbliche per 1,5 miliardi dopo le imposte, volto alla sterilizzazione di rischi, obblighi e impegni che coinvolgessero Intesa Sanpaolo per fatti antecedenti la cessione o relativi a cespiti e rapporti non compresi nelle attività e passività trasferite. Intesa Sanpaolo, infine, potrà modificare il perimetro dell’operazione, dopo la data di esecuzione ove necessario al fine di ottenere le incondizionate approvazioni antitrust, e potrà risolvere il contratto (clausola risolutiva) nel caso in cui il decreto non fosse convertito in legge o fosse convertito “con modifiche e/o integrazioni tali da rendere più onerosa per Intesa Sanpaolo l’operazione, e non fosse pienamente in vigore entro i termini di legge”.

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