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12/16/2013 | Elio Conti Nibali e Giuseppe Cannizzaro
In questi giorni ritornano sulla stampa notizie allarmanti che mettono sotto accusa la gestione del patrimonio dell'Enasarco, la cassa degli agenti di commercio. L’Ente, con una secca risposta, tenta di gettare acqua sul fuoco e, per tranquillizzare, fa sapere che una parte delle minusvalenze sono destinate a rientrare alle rispettive scadenze. Aggiungendo che sono presenti comunque asset liquidi sufficienti ad evitare prematuri smobilizzi.
Non ci interessa, almeno in questa sede, entrare nel merito delle singole scelte, ma vogliamo riflettere sull'opportunità complessiva di adottare metodi gestori così tanto complessi e rischiosi. Ogni operatore, è noto, è sempre obbligato , nel consigliare gli investimenti dei clienti privati, a considerare presupposto ineludibile il profilo di rischio dell'investitore, che dovrà sempre risultare coerente con le scelte di asset allocation del patrimonio conferito.
Ma, e questo è il vero problema, se i denari sono di un Ente il livello di attenzione spesso sembra precipitare e si mettono in discussione principi elementari di prudenza. Infatti, a giudicare dalla composizione del patrimonio Enasarco, appare evidente che la gestione ha ritenuto scontato che l’Ente potesse assumersi ingenti rischi e dunque sopportare anche significative perdite. Basti pensare che alla fine del 2012 larga parte degli asset complessivi risultava costituito da investimenti rientranti nella categoria “alternativi”, ovvero prodotti opachi, poco liquidi e di difficile (talvolta impossibile) valutazione in termini di rischio.
E, manco a dirlo, nel patrimonio di Enasarco compaiono i soliti “derivati”, sempre presenti quando si tratta di gestioni di capitali Pubblici e/o collettivi. Eppure, proprio perché patrimoni di pubblica utilità, dovrebbero essere gestiti, se possibile, con ancora maggiore attenzione e oculatezza. Tali risorse dovrebbero ragionevolmente essere impiegate in massima parte senza sforare quel livello di rischio che serve a mantenere un rendimento in linea con l’inflazione.
Incredibilmente, invece, alla crescente attenzione alla voce “rischio” nella gestione dei risparmi dell'investitore privato, sembra continui a fare da contraltare una sostanziale sregolatezza nelle gestioni degli Enti le cui risorse, evidentemente considerate come terra di nessuno, vengono spesso impiegate con metodi equiparabili più al gioco d’azzardo che all’investimento vero e proprio.
Basti pensare, e questo è un altro triste racconto, le centinaia di milioni (miliardi?) di perdite subite da comuni, province e regioni per effetto dei disastrosi contratti derivati sottoscritti, scommettendo su improbabili scenari, il più delle volte irrealizzabili. Crediamo che qualcuno debba finalmente decidersi a fare chiarezza.
Ne abbiamo abbastanza.
Elio Conti Nibali, coordinatore Anasf per la Sicilia
Giuseppe Cannizzaro, private banker
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