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Previdenza, è una questione solo femminile?

1/14/2014 | Marcella Persola

IL tema previdenziale segnerà il campo nel prossimo futuro e decreterà il successo di alcuni consulenti. Perché può sembrare prematuro affrontarlo, ma i cambiamenti...


Il tema previdenziale, seppure ancora poco “trattato” dal mondo dei consulenti diventerà uno degli argomento di maggiore interesse nel prossimo futuro. Soprattutto sul fronte del gender gap. Come abbiamo anticipato sul numero di Advisor, da qualche giorno in edicola “Il gender gap, oggi, ha come esito che la partecipazione al mondo del lavoro da parte delle donne è inferiore al 47% di coloro che potrebbero lavorare, che lo stipendio è inferiore a quello maschile e che, in mancanza di politiche di conciliazione, le donne abbiano diverse discontinuità contributive dovute alla maternità. Ora, in un sistema pensionistico nel quale la pensione è diretta funzione di quanti contributi si sono versati, le donne lavorano meno, guadagnano meno, vanno in pensione prima e hanno periodi nei quali non lavorano e non versano contributi. L'esito è una pensione minore di quella prevista per i lavoratori maschi con stabilità contributiva” spiega Sergio Sorgi, vicepresidente di Progetica.

 

Sarà quindi necessario che i consulenti (ex-promotori) si interroghino in che modo far emergere questa problematica con i clienti e soprattutto con le clienti donna. Considerando anche che dal primo gennaio ci sono delle novità sul fronte di accesso al pensionamento. Come spiega il vice-presidente di Progetica “dal 1 gennaio al 31 dicembre 2015 le lavoratrici dipendenti potranno andare in pensione al raggiungimento di una età minima di 63 anni e 9 mesi (64 e 9 mesi nel caso di lavoratrici autonome). Con questo si applica la norma che stabilisce che ogni due anni l'età di pensionamento viene adeguata all'aumento della speranza di vita. In sintesi, il rischio dell'allungamento della speranza di vita è in capo ai singoli pensionandi, come del resto è a carico dei lavoratori il rischio finanziario connesso ai propri contributi, che si rivalutano in base al PIL e che pertanto, da diverso tempo, perdono potere d'acquisto invece che rivalutarsi” conclude Sorgi.

 

Ecco perchè sarà necessario pensare a come integrare tale contributo con forme alternative di investimenti. Ed è qui che diventa fondamentale il ruolo dei consulenti. Sappiamo che molte donne pf si sono specializzate su questo tema. Come lo state affrontando? Quali sono i punti di criticità che incontrate nell'affrontare questo tema? Discutiamone assieme sul gruppo PF Al Femminile. Leggi cosa ne pensano le tue colleghe e colleghi e confrontati con loro!

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