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Consulenza finanziaria: ancora pochi gli italiani disposti a pagarla

9/19/2016

E' quanto emerge dall'ultimo Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane. Ecco cosa spinge i clienti a non servirsi dei servizi di consulenza avanzata e indipendente


Si avvicina l’era della MiFID II - sarà applicata a partire dal 3 gennaio 2018 - e la propensione a remunerare il consulente rimane ancora contenuta in Italia. Stando all’ultimo Rapporto del Regolatore sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, solo il 25% degli intervistati sarebbe disposto a pagare direttamente il proprio consulente tramite una “fee”. Il dato raggiunge il 50% tra gli investitori assistiti dal servizio MiFID e aumenta, al crescere di ricchezza finanziaria e livello di istruzione. Tuttavia, solo il 28% delle famiglie servite si avvale di consulenza MiFID ossia di raccomandazioni personalizzate e riferite a uno specifico strumento finanziario.

Considerando tutte le famiglie attive sul mercato finanziario ed esclusi coloro che usufruiscono di servizi di consulenza MiFID, esiste ancora una sacca (pari al 20%) che non è coperta da alcun tipo di consulenza, mentre le rimanenti famiglie - il numero maggiore - fruiscono in genere di consulenza passiva o generica e cioè basata su raccomandazioni generiche e con bassi livelli di interazione con il consulente. Tra le motivazioni che scoraggiano il ricorso alla consulenza avanzata (basata su un’ampia gamma di prodotti e su una valutazione di adeguatezza periodica) o indipendente (fornita da un professionista che non riceve commissioni da banche o da altre società, essendo remunerato esclusivamente dal cliente, e che offre consigli personalizzati in merito a una ampia gamma di prodotti), la Consob indica la dimensione ridotta degli investimenti (34%), la consuetudine a investire in prodotti considerati molto semplici (28%) e la mancanza di fiducia negli intermediari (22%).

Tra i fattori che potrebbero elevare la fiducia riposta nei consulenti, invece, si ricorda l’impegno a guidare i clienti nella comprensione dei rischi e nel monitoraggio degli investimenti (35% circa) nonché l’indipendenza (quasi il 25%) e la certificazione delle competenze dell’esperto (15%). Sia la consulenza MiFID sia la consulenza avanzata risultano diffuse invece soprattutto tra i soggetti con livello di istruzione elevato, i lavoratori autonomi, i residenti in Italia settentrionale e i più abbienti. Stando al rapporto, i fruitori del servizio di consulenza MiFID sono in genere più aggiornati degli altri investitori e acquisiscono informazioni anche attraverso fonti e canali ulteriori rispetto all’esperto.

Essi, inoltre, detengono attività rischiose (come azioni e obbligazioni) in percentuali superiori rispetto agli investitori che si avvalgono di consulenza generica o passiva. Tra coloro che si dichiarano interessati alla consulenza indipendente, infine, la modalità di pagamento preferita sarebbe quella prevalentemente commisurata alle performance del portafoglio. La disponibilità a pagare per il servizio fruito, conclude nel Rapporto la Consob, è legata anche alla capacità di formulare un giudizio sul proprio consulente e alla percezione della qualità del consiglio ricevuto.

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