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AXA IM: il protezionismo di Trump mette tutti a rischio

3/2/2017

Secondo l'asset manager, una guerra commerciale andrebbe a incidere non solo sulle economie di Stati Uniti e Cina, ma anche su quelle di tutto il mondo


Nel suo discorso di insediamento, il Presidente Donald Trump ha dichiarato che “la protezione porterà più prosperità e più forza”. È con questa distopica valutazione che Trump ha riproposto la retorica protezionista della campagna elettorale. Nella sua prima settimana da Presidente, Trump ha mantenuto la promessa di ritirare il Paese dal Trans-Pacific Partnership (TPP) e ha avviato i negoziati con Canada e Messico per una revisione dell’accordo di libero scambio nord-americano (NAFTA).

 

La direzione della politica resta incerta, visti i numerosi messaggi e obiettivi contrastanti emersi nei primi giorni di attività della nuova amministrazione. AXA in questa fase propende per le seguenti previsioni. Le politiche commerciali sono in parte responsabili del disavanzo commerciale, della perdita di posti di lavoro e del trasferimento delle aziende. Da tempo a Washington è in corso un ampio dibattito sulla strategia da adottare per affrontare nel modo migliore questi problemi. Secondo i Repubblicani più ortodossi, una riforma del sistema fiscale potrebbe rappresentare una buona soluzione, poiché ridurrebbe gli incentivi al trasferimento all'estero delle imprese statunitensi. La possibilità di introdurre la tassa di confine potrebbe persino orientare il sistema fiscale a vantaggio della produzione domestica, ma l'attuale proposta, che prevede l’esclusione dei costi di produzione e del lavoro, sarebbe probabilmente considerata una misura protezionista.

 

In questa fase, due paesi in particolare sono sotto i riflettori della politica commerciale: Messico e Cina. Avendo già avviato le discussioni relative a una possibile riforma del NAFTA, la maggior parte delle preoccupazioni riguardanti i rapporti commerciali con il Messico confluiranno in prima battuta in tali negoziati. Non ci aspettiamo che vengano imposte politiche restrittive sul Messico mentre sono in corso le negoziazioni. La Cina sembra un problema più spinoso. Nel tentativo di avviare negoziazioni commerciali, l’amministrazione USA potrebbe accusare formalmente Pechino di manipolazione della valuta. Tuttavia, c’è anche la possibilità di ricorrere ai dazi doganali, materia su cui il Presidente ha ampio raggio d'azione. I dazi mirati sono più probabili di un approccio generalizzato, anche in ragione del possibile impatto negativo di un aumento dell’inflazione statunitense e degli ostacoli per l'attività economica derivanti da eventuali ritorsioni colpo su colpo della Cina. Rispetto ai dazi, risultano particolarmente a rischio i settori di computer/prodotti elettronici e componenti elettrici/apparecchiature in virtù degli ampi disavanzi bilaterali e della significativa penetrazione delle importazioni. Questi settori potrebbero inoltre essere considerati aree in grado di trarre vantaggio da una maggiore attività di ricerca e sviluppo, in alcuni casi con implicazioni sulla sicurezza. Per questa ragione, questi settori sarebbero ad alto rischio se gli Stati Uniti decidessero di applicare i dazi mirati. L’eventuale introduzione di tali misure comporterebbe un rischio elevato di ritorsioni da parte delle autorità cinesi, a cui farebbero probabilmente seguito ulteriori ritorsioni e un’escalation delle tensioni. Una vera e propria guerra commerciale andrebbe a incidere non solo sulle economie di Stati Uniti e Cina, ma anche su quelle di tutto il mondo. I mercati finanziari stanno sottovalutando questi rischi, in parte per la mancanza di informazioni. A livello di tempistiche, tali politiche potrebbero seguire il dibattito sulla riforma fiscale, presumibilmente tra l’estate e la fine dell’anno, a conferma della natura interconnessa di queste politiche. Tuttavia, se questi rischi dovessero concretizzarsi verso fine anno o nel 2018 ne potrebbero risentire pesantemente il mercato e le imprese.

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