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AXA IM: Iggo, "la reflazione traina l'obbligazionario"

3/10/2017

Il mercato obbligazionario confonde i ribassisti e registra buoni rendimenti all'inizio dell'anno


Chris Iggo, cio obbligazionario della società, sottolinea come ancora una volta il mercato obbligazionario abbia confuso i ribassisti. A febbraio, il rendimento complessivo per la maggior parte dei settori obbligazionari è stato molto buono. I tassi hanno smesso di salire e in molti casi scambiavano su valori inferiori a quelli di fine 2016, mentre il credito ha potuto contare sul carry e su un certo restringimento degli spread. È interessante che il credito e la duration siano saliti, mentre i mercati obbligazionari britannici registravano i migliori rendimenti nel mese grazie al rally del rendimento dei gilt, seguito a giro di ruota da segmenti tradizionalmente più esposti al rischio come i titoli high yield USA e i mercati obbligazionari emergenti. Finora, scommettere sulla reflazione ha pagato nel 2017, anche se sul fronte politico ciò che potrebbe accadere a breve, ovvero un altro rialzo dei tassi da parte della Fed, potrebbe essere considerato un fattore negativo per il rischio.

 

Il prossimo rialzo dei tassi avverrà a fronte di un’economia USA solida, e questo è un fattore positivo per gli utili aziendali. Il sentiment ha trainato i mercati azionari USA su nuovi massimi e il discorso del Presidente Trump al Congresso ha mantenuto vivo l’entusiasmo dei mercati. I più ottimisti credono che l’Amministrazione Trump introdurrà una riforma fiscale, tagliando le aliquote delle imposte personali e per le imprese, e che ci sarà un forte aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture.

 

Considerato lo scenario economico ciclico, l’inflazione potrebbe dunque salire e le autorità monetarie dovranno gestire un cambiamento importante da una politica anti-deflazione al controllo dell’inflazione. Questo comporta un forte rialzo dei tassi di interesse e molte economie non sono ancora pronte ad affrontarlo, soprattutto in Europa. La domanda è se si tratta solo di un rimbalzo dell’inflazione complessiva oppure se inizierà un rialzo prolungato dell’inflazione a causa di un insieme di politiche pro-cicliche e fattori strutturali che potrebbero influire sui prezzi relativi con un aumento delle aspettative inflazionistiche a più lungo termine.

 

Gli investitori a lungo termine hanno bisogno di un livello di rendimento sufficiente a garantire che l’inflazione sia più che compensata dai flussi di reddito previsti. Per questo le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono così popolari tra gli investitori in fondi pensione: il valore delle obbligazioni è indicizzato a un indice inflazionistico per l’intera durata.

 

Persino gli investitori più attivi nei portafogli obbligazionari dovrebbero valutare un’esposizione sul breakeven (ovvero la differenza tra rendimento nominale e rendimento reale delle obbligazioni), oppure su obbligazioni indicizzate all’inflazione a più breve scadenza laddove il rischio mark-to-market di un aumento dei rendimenti nominali e reali è limitato, ma la strategia continua a beneficiare dell’effettivo rialzo dell’inflazione a fronte dei dati pubblicati e di un aumento delle aspettative inflazionistiche rappresentate dallo spread sui breakeven.

 

In questa fase del ciclo, con la crescita in aumento e l’inflazione moderatamente bassa, un investimento in obbligazioni high yield appare ancora vantaggioso. I mercati high yield hanno una minore sensibilità ai tassi di interesse rispetto al segmento investment grade o ai titoli di Stato e pagano cedole elevate che offrono un buon flusso di reddito quando l’economia è in buono stato. In questo momento non si tratta di scegliere tra l’uno e l’altro: sia il segmento high yield che le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono abbastanza solidi.

 

I fattori tecnici sono robusti e ci sono diversi sviluppi positivi che contribuiscono al rendimento complessivo. Tuttavia, dobbiamo monitorare le valutazioni. Gli spread di credito continuano a restringersi e si stanno avvicinando ai minimi raggiunti a metà 2014. Questo comporta un rendimento complessivo inferiore in Europa ma leggermente più alto negli Stati Uniti a causa dell’aumento dei rendimenti dei Treasury.

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