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Ecco come sarà Azimut in futuro

1/16/2018 | Massimo Morici

A svelare la strategia è stato il top management del gruppo in occasione di una convention a Montecarlo


Azimut è nata come partnership tra gestori e consulenti e continuerà ad esserlo in futuro. Il presidente Pietro Giuliani mette i puntini sulla "i" rispondendo direttamente a coloro che parlano di una possibile cessione del gruppo o di un cambio di modello di business e di strategia del gruppo. "Non saremo mai gestori puri o solo una rete commerciale, ma entrambi. Siamo nati quando Schroders compieva 200 anni e vorremmo viverne altrettanti. Saremo dei poeti, ma noi non vogliamo solo far soldi: vogliamo creare qualcosa di duraturo, un modello solido in grado di resistere" spiega Giuliani durante l'incontro con la stampa finanziaria a Montecarlo dove si è tenuta la convention con i 1.600 consulenti della rete. E ad Advisoronline.it confida a margine dell'incontro: "Ho bisogno di lavorare con i giovani: il mondo sta cambiando a una velocità impressionante e per saperlo leggere le competenze di un volta non bastano. L'intuizione di entrare nei mercati emergenti è stata vincente. Di recente è sfumato un nostro possibile ingresso in Africa, ma abbiamo rimandato l'appuntamento: ora ci stiamo concentrando su Australia e soprattutto sui paesi emergenti. La prossima tappa saranno i paesi di frontiera, ma fra dieci anni".

 

Azimut in questi paesi sta cercando di replicare il modello "italiano", la partnership appunto tra consulenti e gestori. È questa la scommessa di Giuliani & Co. in un mercato dominato da grandi gruppi da oltre 1.000 miliardi di dollari di masse (tra fondi passivi, attivi e multi-boutique), colossi che stanno puntando con decisione sul FinTech. Per ora la strategia sta funzionando in Australia, ma anche in Turchia, dove Azimut è il decimo gruppo, e anche in mercati più difficili, come Brasile e Iran: ora il 25% delle masse in gestione del gruppo provengono da clienti fuori confine. Il prossimo step è la Cina, dove il gruppo è già presente con gestori e analisti. È il paese con maggiore penetrazione di mobile banking: "Senza una strategia di digitalizzazione è impossibile ormai imporsi e stiamo valutando investimenti in questa direzione" sottolinea Sergio Albarelli (nella foto), ceo del gruppo. Albarelli parla anche dello sviluppo dei prodotti, con la nascita del team di gestori globali e il lancio di due fondi, un azionario e un obbligazionario globali, e quattro nuove strategie alternative. "Siamo gli unici gestori indipendenti italiani con gestori ed analisti sparsi in tutto il mondo: siamo ormai un asset manager globale, anche se tascabile, considerando la nostra taglia rispetto ai colossi anglosassoni" prosegue Albarelli.

 

Paolo Martini, a.d. di Azimut Capital Management (che ingloba la rete di CF in Italia), conferma il target di 120 reclutamenti nel 2018, anche se nel 2017 sono stati un po' meno di 100, perché i costi per il reclutamento (anche superiori al 3% del portafoglio) "oggi sono troppo elevati e in parte giustificabili con l'ingresso di nuove realtà bancarie" che secondo Martini stanno drogando il mercato. Parlando, infine, di Timone, la fiduciaria che raccoglie 1.400 tra gestori e consulenti, Giuliani spiega che l'obiettivo è portarsi a una percentuale alle soglie dell'Opa (cioè aumentare di un ulteriore 10% l'attuale quota di controllo del 15%), che questa "non è una mossa difensiva", ma una strategia per far capire che l'attuale prezzo sul mercato "non rispecchia il reale valore dell'azienda". Giuliani esclude in futuro l'ipotesi di delisting della società.

L'operazione di Timone potrebbe essere finanziata con debito, fornito da banche oppure dal patto stesso e non è esclusa la partecipazione all'acquisto di uno o più investitori, che potrebbero arrivare attorno al 4%. Al 16 gennaio - dati Consob - il secondo socio di Azimut è BlackRock con una quota di poco superiore al 5%. Giuliani ha escluso, comunque, l’ipotesi dell’ingresso di un soggetto esterno, rispetto a Timone, in grado di acquisire il controllo dell’azienda in futuro. "Fare un’opa ostile quando il 15% del capitale è in mano a chi lavora nella società sarebbe un suicidio. Se qualcuno volesse comprarci contro la nostra volontà ci sposteremmo altrove un attimo dopo" ha concluso Giuliani.

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