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8/20/2014 | pieremilio.gadda
In poche settimane, la correzione ha divorato quasi interamente la performance accumulata dal Ftse Mib nel 2014. Il dato sulla crescita del Pil nel secondo trimestre, che ha fatto scivolare l'Italia nella recessione (tecnica) per la terza volta in sei anni è un brutto segnale e non incoraggia gli investitori a restare. Sarà l'elemento capace di spezzare la luna di miele dei mercati con la Penisola, innescando nuovi ampi deflussi? “Per adesso si tratta di una severa battuta d'arresto, non di una vera inversione di tendenza”, rassicura Tommaso Federici, responsabile delle gestioni di Banca Ifigest (nella foto). Il fast money che aveva montato le posizioni a fine del 2013 o inizio di quest'anno se n'è andato, spiega Federici, ma gli investitori di lungo termine sono venuti per restare: chi come la Cina continua a comprare Italia attraverso i fondi sovrani è molto lenta ad entrare ma lo è altrettanto quando si tratta di uscire dall'investimento.
Il potenziale inespresso dell'Italia potrebbe riemergere secondo Federici dopo l'Asset quality review (l'analisi della Bce sugli asset del sistema bancario) e l'istituzione del meccanismo di vigilanza unico (MVU), nel novembre 2014, pietra miliare verso la costruzione dell'Unione Bancaria: “Fino a quel momento gli istituti di credito resteranno focalizzati sul consolidamento del patrimonio. Se l'economia dovesse migliorare un poco e le banche non fossero costrette ad aumentare ulteriormente gli accantonamenti a protezione di future perdite, l'accento tornerà sulla redditività. Con rendimenti così compressi sui titoli di Stato, per fare profitti le banche dovranno tornare all'attività ordinaria. Che in Italia potrà ricominciare a fare gola agli istituti perché il costo del credito resterà elevato mentre le banche potranno finanziarsi a prezzi molto bassi, grazie anche alle operazioni di Tltro promosse dalla Bce”. In questo scenario, secondo Federici, le banche e le small cap sono la migliore chance per scommettere sul tema della ripresa italiana, che, secondo il gestore, sarebbe solo rimandata.
Più in generale, Federici dichiara una preferenza relativa per l'Europa e il Giappone rispetto agli Stati Uniti. Con l'invito, però, a tenere sempre d'occhio l'andamento dell'S&P500: se la correzione dovesse spingere il principale listino americano sotto quota 1850 punti, metterebbe in crisi l'intero impianto dei portafogli azionari. Quanto al biglietto verde, il tentativo di recupero sull'euro pare destinato a proseguire: “La politica divergente della Bce rispetto alla Fed, esplicitamente menzionata da Mario Draghi, in occasione della conferenza stampa seguita all'ultimo Consiglio Direttivo, spingerà il dollaro americano ad apprezzarsi. Entro l'anno il cambio potrebbe arrivare a quota 1,30”.
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