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11/26/2014 | pieremilio.gadda
Tra gli operatori del settore c'è chi ritiene il wealth management ontologicamente diverso rispetto al private banking. Eppure i clienti private che si affidano a un professionista per la gestione del proprio patrimonio fanno spesso fatica a distinguere queste due tipologie di servizio. Forse perchè il wealth management, che fa riferimento a un servizio di advisory più ampio e articolato è ancora poco conosciuto in Italia.
Secondo un'indagine dell'Aipb ad esempio, solo il 27% degli intervistati ritiene la consulenza sull'intero patrimonio del cliente un elemento distintivo rispetto al servizio bancario di base. Una percentuale che scende al 18% se si considera la tutela del patrimonio, al 15%, per la consulenza in tema di investimenti immobiliari e al 14% per i consigli di natura fiscale e legale o la trasmissione della ricchezza agli eredi. Tutte caratteristiche tipiche proprio del wealth management, secondo Aipb.
Non solo. Questa categoria di clientela - che pure percepisce la presenza di servizi di wealth management nell'offerta del suo istituto di riferimento - non sembra particolarmente interessata a ottenere un servizio di advisory più 'sofisticato': secondo l'indagine, il private banking tradizionale, con una consulenza limitata agli investimenti, un basso livello di delega e un solo referente a cui affidarsi, piace al 52% dei clienti intervistati, mentre solo il 16% apprezza un modello di servizio alternativo, più tipico del wealth management, che prevede una delega più elevata e un team di professionisti impegnati nella gestione a 360 gradi del patrimonio.
Paradossalmente, invece, il problema del passaggio generazionale è uno tra i più sentiti da questa clientela (circa un quarto degli intervistati Si dichiara interessato), anche in ragione dell'età mediamente avanzata.
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