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Imprenditori italiani, 7 su 10 puntano agli Usa

5/1/2016 | Stefania Pescarmona

Lo si apprende da un'indagine di K&L Gates Legal Observatory. Spaventa, però, la poca dimestichezza con la normativa legale americana, peraltro non unitaria. Sempre più richiesta l’assistenza di consulenti esperti


Fascino Usa per le piccole e medie imprese italiane. Nonostante molti imprenditori non abbiano mai investito negli Stati Uniti (68%) o all’estero (57%), ben 7 su 10 considerano un’operazione negli Usa la migliore opportunità per lo sviluppo della propria azienda (72%) e hanno preso in considerazione la possibilità di farlo in futuro (69%). A metterlo in luce è un’indagine promossa da K&L Gates Legal Observatory, l’osservatorio della sede di Milano dello studio internazionale K&L Gates, che analizza il panorama legale nel contesto italiano e internazionale.

 

Per le pmi, mai come ora, è arrivato il momento di internazionalizzarsi e puntare su mercati che possono essere più lucrativi di quello interno. Guardare all’estero non è più un’opzione, ma una strategia di sopravvivenza. Per farlo però occorre la mano esperta di professionisti che accompagnino gli imprenditori e le loro famiglie passo a passo in questo processo di internazionalizzazione, per trarre i maggiori vantaggi che l'economia americana offre, confrontandosi con un un sistema fiscale diverso dal nostro. Non a caso, negli ultimi anni, il rapporto tra consulenti legali e private client in generale si sta facendo sempre più stretto.

 

Le maggiori difficoltà percepite dagli imprenditori nell’approcciare gli investimenti oltreoceano sono: “in primis, le questioni burocratiche (68%), la scarsa conoscenza nella tutela legale (62%) e la lenta ripresa economica (57%), nonché la perplessità sulla possibilità di creare una rete di vendita capillare ed efficace (47%) e la mancanza di banche italiane su cui fare affidamento (38%)”, si legge nella nota.

 

“La prima difficoltà riguarda la poca dimestichezza degli imprenditori con la normativa legale americana che peraltro non è unitaria ma differisce su base statale oltre a prevedere anche una regolamentazione federale in alcune materie”, conferma Arturo Meglio, avvocato partner di K&L Gates esperto in ambito societario, che spiega che tra gli stati più attrattivi per i capitali italiani si possono citare quello di New York, la California e la Carolina del Nord, che offrono degli incentivi, e il Delaware che presenta una normativa societaria più flessibile. In generale, tra tax credit, grant, loan a tax exempion sono quasi 2mila i programmi di incentivo su cui gli Stati americani competono gli uni con gli altri per attrarre investimenti da oltreconfine. Olanda, Giappone e Svizzera sono i primi tre Paesi investitori negli Usa con flussi rispettivamente di 29,3 miliardi di euro, 25,4 miliardi e 17,7 miliardi. Più distaccata l’Italia, che - secondo i dati diffusi dalla Farnesina - nel 2014 ha fatto affluire nel mercato americano 2,8 miliardi di euro: il valore, anche se più basso rispetto ai top 3, è in aumento però di quasi il 50% rispetto agli 1,5 miliardi di euro del 2013.

 

Oltre agli Stati Uniti, ci sono altri mercati dove si stanno maggiormente concentrando gli investimenti: si tratta dell’Iran (grazie alla revoca delle sanzioni internazionali, a seguito dell’accordo sul nucleare del luglio 2015), della Cina, dell’India e del Brasile. Mercati che, sebbene abbiano progressivamente aumentato la loro redditività, a causa della loro instabilità economica e politica, rappresentano però ancora territori ad alto rischio per gli investimenti stranieri.

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