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Venture capital, Italia ancora indietro rispetto alla Ue

7/25/2016 | Stefania Pescarmona

Nel 2015, il mercato è salito del 50%, a 120 milioni, con 77 operazioni rispetto alle 71 precedenti. In Germania e Francia, però, il settore vale 780 e 758 milioni. Tutti i numeri nel Venture capital monitor


Un mercato da circa 120 milioni, in crescita del 50% rispetto al 2014, con 77 operazioni rispetto alle 71 precedenti. Questa la dimensione del venture capital italiano, che cresce ma non decolla. Pur essendo più che triplicati i deal (nel 2009 erano 20), l'Italia è ancora molto lontana da Paesi come la Germania o la Francia, dove il venture capital si attesta rispettivamente a 780 e a 758 milioni. A metterlo in luce è l'ultimo rapporto del Venture capital monitor (VeM) pubblicato dalla Liuc Università Cattaneo insieme all'Aifi, l’Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt, dal quale emerge chiaramente l'assenza del governo.

«Il grande assente in Italia, quello che permette anche nuove possibilità di crescita, è l’investitore istituzionale», ha dichiarato Claudio Giuliano di Aifi, aggiungendo che «è questo che fa la differenza con i 2,7 miliardi di euro investiti in Europa e i 17 miliardi degli Stati Uniti».
Il gap da colmare è quindi ampio. «Lavorare intensamente con il governo è una nostra priorità», ha spiegato Anna Gervasoni, direttore generale Aifi, che poi ha proseguito dicendo: «Possiamo fare di più e dobbiamo porci obiettivi più ambiziosi permettendo la crescita degli operatori, lo sviluppo di un ecosistema più incisivo e dando un ruolo di maggiore rilievo alle Università e ai centri di ricerca che sono e possono essere ancor di più traino della ricerca e dell'innovazione».

Ma chi sono queste start up e chi gli investitori?
Dal punto di vista settoriale, al primo posto si ritrovano start up attive nel comparto Ict: quest'ultimo, infatti, continua a monopolizzare l'interesse degli investitori di venture capital, con una quota del 40%, trainato dalla diffusione di applicazioni web e mobile riconducibili ad app innovative. In aumento, poi, il terziario avanzato, che sale nel 2015 al 27% dal 21% del 2014, e il settore della grande distribuzione, che si attesta al 6% come nell'anno precedente. Inoltre, ritornano sulla scena anche il farmaceutico-biomedicale e i servizi finanziari, mentre fanno retromarcia le imprese nel campo del tempo libero.
La Lombardia si conferma la regione in cui si concentra il maggior numero di operazioni, coprendo il 38% del mercato, seguita dal Piemonte e dal Lazio, rispettivamente con il 13 e il 12% del totale delle operazioni realizzate in Italia.
Quanto agli operatori, è cresciuto il numero degli investitori attivi così come il numero degli investimenti. Gli investitori che hanno fatto almeno un’operazione durante l’anno sono saliti, infatti, del 45%, raggiungendo quota 48 rispetto ai 33 del 2014, cui si aggiunge la categoria dei business angel, mentre il numero degli investimenti ha oltrepassato la soglia dei 125, attestandosi esattamente a 126 dai 112 del 2014. Da evidenziare, in ultimo, l'incremento del numero dei deal realizzati da operatori stranieri, pari al 18%, mentre l'anno precedente erano praticamente inesistenti.

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