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La migliore previsione? È quella dettata dal fato

8/29/2015 | Carlo Emilio Esini

Come investitori siamo in balìa del capriccio degli dei e non possiamo conoscere il nostro destino, ma possiamo trovarne indizi...


"La stadera e le bilance giuste appartengono al Signore, tutti i pesi del sacchetto sono opera sua” (Bibbia, Proverbi, 16:11). Dai libri antichi si ricava sempre un vago senso di impotenza e limitatezza che l’uomo moderno ha perso da un pezzo; forse se n’è andato con la rivoluzione francese o con i treni del positivismo, ma io credo che sia proprio il tema del rapporto con il fato che non interessa più i nostri contemporanei impegnati per gran parte della loro giornata a cliccare sul bottoncino giusto dell’app più in voga. Eppure più passa il tempo e più mi convinco che nella finanza l’incidenza del “fato” (nel senso classico del termine) è del tutto sottovalutata. Cercherò di essere più chiaro e convincente con un esempio.

Qualche giorno fa chiacchieravo con l’a.d. di un intermediario sulla qualità degli strumenti finanziari; come sempre i miei esempi erano tutti relativi a prodotti andati in default o il cui valore era crollato repentinamente travolgendo gli investitori.
 
È vero che, occupandomi di contenziosi, sono naturalmente portato alla patologia, tuttavia dovrete convenire con me che i casi non sono così rari. Anche nel risparmio gestito non è che siano rarissimi i grandi gestori che, dopo aver rappresentato per anni fulgidi esempi di serietà e affidabilità, si sono rivelati dei banali truffatori: Bernard Madoff è solo l’ultimo pesce grosso. Mi scuso della digressione ma vi prego di prendere nota di quanto il nostro paese sia eticamente messo male: se andate a fare una ricerca parallela nella versione italiana di wikipedia troverete quanto segue: “Bernard Madoff (New York, 29 aprile 1938) è un criminale statunitense, accusato di una delle più grandi frodi finanziarie di tutti i tempi” e “Calisto Tanzi (Collecchio, 17 novembre 1938) è un imprenditore italiano”.
 
Ma torniamo al nostro tema: tutti gli investimenti che sono andati male hanno sempre avuto un momento in cui sono andati benissimo. Si può pensare che siano stati artifici e raggiri a gonfiarne il valore e renderli così appetibili, ma sta di fatto che per periodi brevi o lunghi hanno visto il loro valore crescere o hanno remunerato in modo stabile e consistente l’investitore che li deteneva.
Ebbene, se è vero che, come ci hanno insegnato fior di premi Nobel, in un “mercato dei limoni” com’è quello della finanza non è semplicemente possibile per il risparmiatore valutare il prodotto, mi sono chiesto che senso abbia cercare davvero un prodotto serio, di standard qualitativo elevato e fabbricato da un operatore di nome. 
 
Dirò di più (e spero che non mi senta la Consob perché sembrerebbe alle loro orecchie un’orrenda bestemmia); per quale motivo dovrei preferire un intermediario che eleva la qualità dei servizi offerti con consulenza, indipendenza e altri simili gingilli?
Per fare profitti, infatti, basta semplicemente entrare ed uscire da un prodotto, preferibilmente con sottostante truffa, al momento giusto.
 
Il che pone però un problema diverso; diventa infatti necessario sapere se il prodotto è un fake (per avere la garanzia di fare profitti) e soprattutto sapere quando uscire per evitare di rimetterci anche la camicia. Forse la prima informazione non è impossibile da reperire; chiunque nel settore aveva chiarissimo, ad esempio, che le azioni delle famose popolari erano delle piccole mongolfiere. 
 
Il secondo dato è pressoché inconoscibile: quasi sempre nemmeno gli stessi autori della bufala sanno fino a quando reggerà il gioco e i mercati li sosterranno. Le decisioni che li travolgono sono quasi sempre prese in una stanza del potere e non sono certo rese pubbliche per evitare di spalancare di botto i cancelli degli ovili.
Ecco che allora subentra il fato. Come risparmiatori siamo in balìa del capriccio degli dei e non possiamo conoscere il nostro destino. Tuttalpiù possiamo trovarne indizi (per fare un parallelo con gli aruspici che leggevano le interiora degli animali sacrificati) nelle carte d’identità degli a.d. Direi che quelli nati nel 1938 non portano bene.

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