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3/1/2016
Gli Etf strategic beta quella tipologia sono strumenti passivi che mirano a ottenere performance migliori o un diverso profilo di rischio rispetto ai benchmark a capitalizzazione. Ma sono mediamente più cari rispetto ai loro “cugini” tradizionali che replicano benchmark a capitalizzazione. È quanto emerge da un nuovo report di Morningstar dal titolo "Assessing the true cost of Strategic-Beta ETFs", che analizza le commissioni, i costi di replica e di trading per 100 strategic-beta europei e li pone a confronto con 77 Etf tradizionali, domiciliati in Europa e relativi agli indici più popolari.
Negli ultimi anni, questi prodotti di nuova generazione hanno registrato una crescita molto forte: a fine dicembre 2015, si contavano 950 strategic-beta per un patrimonio di 478 miliardi di dollari a livello mondiale. Quali sono, dunque, gli Etf "intellingenti" più costosi? In termini relativi, stando allo studio, sono gli Etf Azionari Usa large cap value: con riferimento al paniere S&P 500 e agli indici smart a esso collegati, il Ter (Total expense ratio) medio dei prodotti di nuova generazione è pari allo 0,43%, contro lo 0,14% degli Etf tradizionali.
Per contro, la fee media degli strategic-beta specializzati sugli emerging è di poco più alta dei colleghi tradizionali (0,6% contro 0,53%). Tuttavia, il valore medio di costo degli strategic-beta europei è sceso da 0,43% a 0,39% negli ultimi cinque anni, principalmente a causa dell’introduzione sul mercato di prodotti di nuova generazione meno costosi. “Il maggior turnover che caratterizza gli indici strategic-beta – spiegano gli analisti di Morningstar - rispetto ai benchmark a capitalizzazione, si traduce in più alte spese di replica che non sono incluse nel Ter e che rappresentano un ulteriore freno per le performance, sia per gli Etf fisici che per quelli sintetici. Mediamente, il tasso di turnover degli indici smart è di circa il 20-30% l’anno, mentre quello dei benchmark tradizionali si posiziona tra il 3 e l’8%”.
Non solo. Gli investitori in questa tipologia di replicanti potrebbero anche sostenere costi di trading più elevati. "Nel complesso, infatti, si tratta di prodotti nuovi, piccoli e acquistati da investitori (buy and hold) più che da speculatori: tutti fattori - conclude lo studio - che si traducono in volumi di scambi contenuti e in uno spread bid-ask più ampio (differenza tra prezzo di acquisto e di vendita)".
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