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4/27/2016
Dopo aver alzato i tassi per la prima volta in nove anni la Fed si è trattenuta dall’attuare ulteriori rialzi nel 2016, assecondando così le attese del mercato. La banca centrale americana si sta concentrando sulla forza dei fondamentali domestici, come la solidità del mercato del lavoro o le crescenti pressioni inflazionistiche, ed è riluttante a discostarsi in modo eccessivo dalle altre banche centrali, che però si trovano ancora in una fase di alleggerimento. È la strategia giusta?
"Il rischio di attendere troppo a lungo per rialzare ulteriormente i tassi crea incertezza. Una simile situazione potrebbe compromettersi in un circolo vizioso, con i mercati in agitazione per le decisioni della banca centrale e la Fed che si preoccupa per la volatilità del mercato. Questo è un aspetto che non rientra negli obiettivi del suo mandato" commenta James Butterfill, head of research and investment strategy at ETF Securities.
Secondo l'esperto, la tendenza di crescita del PIL reale indica che chiaramente che la crescita economica americana è solida e nonostante il percorso di crescita del PIL reale non sia altrettanto robusto come nei livelli pre-crisi, Butterfield non vede segnali di un rallentamento. "Un simile trend di crescita giustifica quindi una politica monetaria più restrittiva" prosegue.
"Ma senza un controllo monetario, anche graduale, sulle pressioni inflazionistiche le prospettive d’inflazione rischiano di diventare così incerte da essere in futuro governate solo con aggressivi rialzi dei tassi" conclude Butterfill, secondo cui l’attuale linea sui rialzi dei tassi non sarà sufficiente a tenere sotto controllo i prezzi e potrebbe costringere la Fed a una politica più restrittiva in un momento successivo del ciclo con "ulteriori conseguenze non volute".
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