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Donald Trump, il presidente "dell’oro nero"

12/1/2016

L'industria dello shale oil & gas ha speso 88 milioni di dollari per finanziare il candidato Repubblicano che ora potrebbe sbloccare molti progetti fermati da Obama


C’è un aspetto della campagna elettorale, della vittoria e di quella che sarà la politica economica di Donald Trump (nella foto) passato un po’ in sordina sui media: il ruolo giocato dall’industria del petrolio. Che non sono le sette sorelle, ma le centinaia di società attive nel midstream, la parte che sta a metà tra i giacimenti (upstream) e i distributori finali (downstream) della filiera dello shale oil and gas, il petrolio e gas estratto dalle rocce di scisto: in altre parole le società che gestiscono i tubi che dai giacimenti portano l’oro nero verso il Texas e gli altri Stati del Sud, dove si trovano gran parte delle raffinerie.

"Mentre altri commentatori si sono soffermati su come abbia vinto Trump a noi ha incuriosito dove ha vinto e chi lo ha aiutato alla vittoria. Abbiamo fatto una ricerca su chi lo ha finanziato e incrociando due cartine geografiche si intuisce immediatamente quale potrebbe essere il settore vincente: le infrastrutture Midstream. Ovvero le società americane che costruiscono oleodotti e gasdotti" spiega Massimo Siano, head of Southern Europe di ETF Securities, esperto di materie prime e vulcanico animatore di simposi dedicati alla stampa, agli investitori e ai professionisti del settore.

 



"Abbiamo spulciato i contributi elettorali delle società infrastrutturali che fanno oleodotti e gasdotti e siamo giunti alla stessa conclusione: queste imprese hanno finanziato i candidati repubblicani che hanno vinto negli stati centrali. In quelle aree, se vogliono rivincere alle prossime elezioni di metà mandato devono investire in infrastrutture energetiche nei loro territori” prosegue Siano.



Tradizionalmente il settore del petrolio ha sempre sostenuto i Repubblicani, come mostrano i finanziamenti, regolarmente dichiarati come è d’uso negli USA, dati ai candidati dalle società del settore dal 1990 ad oggi e che sono passati dai 34 milioni di dollari nel 2010 a 88 milioni di dollari nel 2016, anno della campagna elettorale. Di questi, l’88% quest’anno è finita in mano ai repubblicani, mentre i democratici sono andati solo 12%: percentuali che spiegano le promesse fatte da The Donald   all'industria del petrolio in campagna elettorale.




Ma come funziona questo business negli USA? Le infrastrutture che costituiscono il midstream, come vuole la tradizione liberale americana, è interamente finanziato da privati attraverso società, in gran parte sotto forma di accomandita o Master Limited Partnership (MLP). “Le MLP sulle infrastrutture sono un'entità fiscale efficiente e ricavano la maggior parte del fatturato dai business toll-road, ossia riscuotono dalle compagnie petrolifere un corrispettivo per l’utilizzo delle infrastrutture, equiparabile al pedaggio da pagare per percorrere un’autostrada. Sono diventate un veicolo ideale per il finanziamento di grandi progetti di energia di lunghissimo termine” sottolinea Siano.

Le MLPs sono quotate al New York Stock Exchange e sono in genere titoli ad alto dividendo. “Il dipartimento americano per l'energia calcola un investimento necessario di oltre 630 miliardi in infrastrutture. Con Trump credo che il gasdotto Dakota sarà finalmente velocizzato, insieme a molti altri nei giacimenti di scisto del nord-est e sud-ovest, anche perché nel 2012 il break-even delle società che estraevano petrolio e gas non convenzionale attraverso la tecnica del fracking era di 80 dollari al barile. Con le nuove infrastrutture di estrazione e trasporto lo shale oil made in USA potrà competere con il greggio arabo fino a 40 dollari al barile” conclude Siano.

Sotto l’amminstrazione Obama, infatti, alcuni dei progetti di pipelines hanno subito uno stop (il report di ETF Securities cita il Trans - Pecos Pipeline in Texas, una pipeline tra il Sud Carolina e la Georgia e la Tennessee Gas Pipeline), ma potrebbero ripartire una volta che il tycoon si insedierà alla Casa Bianca, visto che ha promesso di rimuovere gli impedimenti imposti al settore dal suo predecessore. Insomma, Trump sembra essere il il candidato ideale per gli attori dell’industria dello shale oil. E anche per gli investitori interessati a cavalcare la crescita di questo importante segmento dell’economia a stelle e strisce.

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