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Brexit? È l’occasione per andare short sulla sterlina

3/21/2017

Massimo Siano (nella foto), head of Southern Europe per ETF Securities prevede tempi duri per la divisa britannica. Ecco perché


Si prevedono tempi duri per la sterlina. “Il consiglio è di investire short sulla valuta a meno di eventuali accordi miracolosi in zona Cesarini, ma tutto sembra essere oramai deciso”. Parola di Massimo Siano (nella foto), head of Southern Europe per ETF Securities, che ha presentato oggi a Milano uno studio sulla divisa britannica in vista dell’uscita del paese dall’Unione europea. Theresa May il prossimo 29 marzo presenterà a Bruxelles la richiesta formale di attivare l’articolo 50, la procedura che dovrebbe portare la Gran Bretagna fuori dall’Ue.

"Giusto in tempo, insomma: May si era impegnata a procedere per la fine di marzo. Da quel momento serviranno circa due anni perché la Brexit sia effettiva: i 24 mesi servono per le discussioni tra autorità europee e britanniche per stabilire sia le modalità di uscita del Regno Unito sia il futuro rapporto tra Londra e Bruxelles. Dal 23 giugno (giorno del referendum, ndr) la sterlina ha avuto un crollo verticale comparata alle valute del G10 e dei mercati emergenti. Anche peggio del peso messicano. Soltanto la lira turca, sulla soglia della guerra civile ha performato peggio della sterlina" sottolinea Siano.


STERLINA vs EURO e STERLINA vs DOLLARO



L'esperto fa notare come Londra, per supportare la propria economia, si sia gravemente indebitata nel corso degli ultimi 18 anni. "Da gennaio 1999, nascita dell’Euro, la Gran Bretagna è passata da un debito/PIL sotto il 40% all’89% di oggi. La media del debito/PIL dei paesi con l’Euro invece è passata da poco meno del 70% al 90%" prosegue Siano. Il numero uno di ETF Securities nell'area mediterranea fa notare, inoltre che al di là della retorica dei populisti "noeuro" dalla crisi del 2009 in poi sono ancora più evidenti i vantaggi della moneta unica dal punto di vista dei conti pubblici.

"Da quella data infatti la Gran Bretagna non è mai riuscita ad avere un deficit/Pil inferiore al 3% toccando anche punte del 10% nel 2010. Il settore finanziario è quello più minacciato dalla Brexit e il rischio è che nonostante la discesa della sterlina l’Europa costringa le banche a traslocare. L’Europa è il primo partner commerciale con la Gran Bretagna, che senza accordi rischia di pagare in termini di inflazione gli eventuali dazi, specie nel settore agricolo. La Gran Bretagna, per far dimenticare gli svantaggi della Brexit, sta aumentando pericolosamente il suo debito alle prossime generazioni che non hanno votato al referendum" conclude Siano.

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