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Petrolio: il prezzo ostaggio dello shale oil americano

5/24/2017

Con l’avvicinarsi della prossima riunione dell’Opec, prevista per il 25 maggio, il prezzo del greggio sta per attraversare una fase critica


Con l’avvicinarsi della prossima riunione dell’Opec, prevista per il 25 maggio, il prezzo del greggio sta per attraversare una fase critica a causa delle pressioni esercitate sui Paesi membri affinché riducano la produzione, dei rialzi dei titoli petroliferi e del rimbalzo dello shale oil. Il cartello e i suoi partner, come detto dal ministro dell’energia algerino, nel tentativo di una ripresa dure vole dei corsi del greggio, cercherà di estendere i limiti di produzione di petrolio fino al primo trimestre del 2018.

Ma come sono posizionati gli investitori su questa commodity? Il sentiment, fanno notare gli esperit, è drasticamente cambiato negli ultimi sei mesi. I dati dell’United States Commodity Futures Trading Commission (CFTC) mostrano infatti che gli impegni degli operatori sui future del petrolio sono significativamente diminuiti: prima del precedente meeting dell’Opec, nel novembre 2016, le posizioni lunghe nette sul greggio avevano raggiunto un livello relativamente basso, attorno ai 276.000 contratti. “Queste posizioni hanno rimbalzato di oltre il 61% alla fine del 2016 raggiungendo quasi quota 445.000 contratti, grazie alla reazione positiva del prezzo del petrolio alla proposta di tagliare la produzione da parte dei membri dell’Opec, passando da quasi 34 milioni di barili al giorno a un range compreso tra i 32,5 e i 33 milioni di barili al giorno. Nonostante i tagli relativamente modesti, sono stati soprattutto l’intenzione d’intervenire per moderare l’output e l’impegno della Russia di ridurre a sua volta la produzione a contribuire alla stabilità dei prezzi” fa notare Nizam Hamid, ETF Strategist di WisdomTree.

Attualmente il quadro è più complesso. “La produzione dell’Opec è ragionevolmente sotto controllo" prosegue. "C’è stata una riduzione da poco più di 34,1 milioni di barili al giorno a fine novembre 2016 a 31,9 milioni di barili al giorno a fine aprile, ossia un calo del 6,6%. D’altro canto, il prezzo del greggio è sceso dal picco di 54,45 dollari di fine febbraio al livello minimo, inferiore ai 46 dollari, toccato di recente. Nelle ultime due settimane, l’impegno della Russia e dell’Arabia Saudita di ridurre la produzione per un periodo di tempo più lungo, cioè non solo per il 2017 ma anche nel 2018, ha provocato un rally di breve durata”.

Cosa frena, insomma, il prezzo del petrolio? Secondo Hamid, i progressi dell’Opec sono oscurati dalla ripresa incontrollata dello shale oil, sia in termini di produzione sia di numero di impianti di estrazione attivi, che negli ultimi 10 mesi è salito da un minimo di 262 ad oltre 600, mentre la produzione è aumentata di quasi 0,35 milioni di barili a giorno. Nel breve periodo l’esperto di WisdomTree si aspetta un rialzo del range di negoziazione del petrolio, da meno di 50 a 50-55 dollari, anche se tale aumento del prezzo del petrolio incoraggia semplicemente una politica espansionistica da parte dei produttori statunitensi di shale, limitando così la possibilità di eventuali rialzi.

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