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I nuovi consulenti esterni alle banche

2/21/2011 | Nello Mascioni

Il mondo delle professioni nella finanza è in fermento. Dopo che una bolla ha toccato i private banker facendo lievitare le remunerazioni e nel mezzo di una crisi economica che ha spiazzato molti investimenti sostenuti negli ultimi tre anni, sta emergendo...


 

Il mondo delle professioni nella finanza è in fermento. Dopo che una bolla ha toccato i private banker facendo lievitare le remunerazioni e nel mezzo di una crisi economica che ha spiazzato molti investimenti sostenuti negli ultimi tre anni, sta emergendo un crescente interesse per la consulenza sugli investimenti esterna ai grandi intermediari. Il proliferare di un mercato esterno alle banche attivo nella consulenza finanziaria è riconducibile principalmente ad alcune tendenze in atto nel mercato finanziario che negli ultimi anni si sono rafforzate come l’uscita forzosa o volontaria da banche italiane ed estere di risorse con elevate competenze finanziare (in conseguenza della crisi, di operazioni di fusioni e aggregazioni, di riorganizzazioni e di riduzioni degli organici per il contenimento dei costi) ed il rafforzamento delle norme in materia di trasparenza e tutela dei consumatori (investitori) che impone una elevata conoscenza della normativa e un attento rispetto delle norme di commercializzazione dei prodotti: la complessità della materia apre spazi a consulenti specializzati esterni agli intermediari.
Queste tendenze hanno portato sul mercato esterno alle banche competenze elevate sugli investimenti e sul mercato finanziario in senso lato e hanno determinato una forte riduzione dei margini reddituali derivanti dalla gestione del risparmio, spingendo di conseguenza anche molti consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) ad evolvere verso un modello di servizio di consulenza e non più di collocamento di prodotti (con la speranza di trovare un mercato più semplice). Il proliferare di un mercato esterno alle banche che si concentra sulla consulenza da parte di risorse fuoriuscite per una moltitudine di ragioni dalle banche stesse è quindi certamente uno spunto di grande riflessione meritevole di approfondimento. 
L’attività di consulenza finanziaria può essere quindi svolta da: persone fisiche e Sim in forma di società per azioni e società a responsabilità limitata con differenti modelli di servizio ed organizzativi. Il consulente indipendente è quindi oggi una figura professionale, con uno status sociale definito e riconosciuto, assimilabile a quello di un avvocato o di un commercialista. Può operare con due modalità retributive: 
- Fee only, ossia “solo a parcella”; il professionista è remunerato solo dal cliente, ed è quindi privo di ogni conflitto d’interesse. Il consulente indipendente non percepisce provvigioni da commissioni d’alcun genere da Sim, banche o Sgr; è svincolato dalla vendita di prodotti finanziari ed eroga un servizio di consulenza “puro” al cliente, che può continuare a operare con il proprio intermediario finanziario.
- Non fee only ossia remunerato in base ad un pricing correlato con gli asset che segue.
Ma quale è il potenziale di attrazione di questa nuova figura professionale ? Vediamo i motivi di interesse per alcuni target professionali e una valutazione del valore per i clienti. 
 
I consulenti (ex-promotori) possono rappresentare un bacino per i consulenti indipendenti, soprattutto quelli con portafogli più piccoli e con limitate prospettive di crescita delle masse, che possono far leva sulle loro professionalità e su un approccio meno invasivo seguendo appunto clienti multibancarizzati. Infatti il consulente indipendente ha il vantaggio che può offrire il suo servizio al cliente senza che questi sposti il patrimonio che ha presso la banca. Diventa potenzialmente più semplice acquisire nuovi clienti in un contesto di bassa trasparenza del mercato e di polarizzazione dimensionale sia dell’asset management, sia dell’industria bancaria. 
È evidente che anche i consulenti (ex-promotori), così come i gestori personal o i private banker, più esperti (in generale quelle figure professionali che già seguono un portafoglio clienti) possono trovare interessante la scelta di mutare la loro attività attuale verso quella del consulente finanziario indipendente. Un altro aspetto molto rilevante è connesso alla mancanza di frizioni derivanti dal cambio di società di appartenenza: in altri termini ogni volta che il consulente (ex-promotore) o il private banker decide di lasciare un intermediario a favore di un altro i suoi clienti appaiono disorientati e il professionista è esposto alla potenziale perdita di una parte di essi. Il cambio obbliga i clienti a chiudere e riaprire i rapporti con l’intermediario e a trasferire i titoli e i prodotti verso la nuova società del professionista. L’autonomia del consulente è viceversa un vantaggio competitivo: egli come libero professionista non richiede al cliente alcun trasferimento da banca a banca ma lo segue direttamente presso il suo attuale intermediario.
Anche per i giovani neo laureati la consulenza indipendente può rappresentare una prima attività potendo essere focalizzata, almeno inizialmente sulla parte di analisi dei portafogli e delle condizioni economiche applicate dagli intermediari ai clienti. È necessario tuttavia una elevata preparazione di base sin dall’inizio.
I dottori commercialisti possono rappresentare un potenziale bacino molto interessante per la genesi di consulenti indipendenti. Per la loro naturale professione infatti questi professionisti rappresentano già punti di riferimento dei loro clienti per tematiche molto delicate inerenti il family business, le strategie fiscali personali e imprenditoriali, i rapporti tra i familiari, la pianificazione successoria. Di fatto in questo rapporto fiduciario rientra, anche se in modo non formalizzato, la gestione del patrimonio personale e familiare: ora con la nuova normativa e considerando che non vi è incompatibilità tra la professione di dottore commercialista e quella di consulente indipendente appare evidente come esse possano confluire nell’ambito di questa figura professionale. I dottori commercialisti non sono esonerati dall’onere di sostenere la prova valutativa per l’accertamento dei requisiti di professionalità necessarie per la iscrizione all’Albo dei consulenti indipendenti. 
Per un dottore commercialista infatti i vantaggi nella offerta di un servizio formalizzato e contrattualizzato di consulenza indipendente possono ravvisarsi in: rafforzamento della relazione con i clienti e con i membri delle loro famiglie; diversificazione dell’attività; capacità di cross selling e di attrazione di nuovi clienti tramite la consulenza;
sostenibilità dei costi di start up per il nuovo servizio (software, info provider, formazione dedicata, rafforzamento delle polizze professionali).
L’interesse per questa professione si basa anche su un aspetto operativo: a differenza della gestione diretta degli asset, l’attività di consulenza è indipendente dal luogo fisico dove il risparmio è allocato. Gli asset dei clienti sotto consulenza non devono necessariamente cambiare banca depositaria e quindi l’impatto del servizio non è amministrativamente invasivo. Un consulente può seguire una moltitudine di clienti che mantiene rapporti con una molteplicità di banche: questo aspetto è alla base del potenziale di crescita del servizio di consulenza sugli investimenti. 
La consulenza finanziaria indipendente esporta le idee al di fuori delle banche che di fatto possono diventare:
  • erogatori di prodotti selezionati dal consulente indipendente;
  • costruttori di prodotti e servizi ideati dal consulente indipendente;
  • esecutori degli ordini di sottoscrizione/negoziazione impartiti dal cliente su suggerimento del consulente indipendente;
  • pure banche depositarie;
  • elementi di un puzzle competitivo dove la negoziazione delle commissioni in generale diviene l’arma di difesa delle banche.
 
La consulenza indipendente sugli investimenti, essendo non operativa, in linea generale si potrà focalizzare:
  • sulle idee di investimento;
  • sulla gestione del rapporto dei clienti con tutti gli intermediari;
  • sulla negoziazione delle condizioni che il cliente sostiene presso il suo intermediario;
  • sulla ricerca dei migliori prodotti sul mercato;
  • sulla asset allocatione strategica e tattica;
  • nel risk management;
  • sulla reportistica aggregata al cliente; 
  • su temi non finanziari.
 
*pseudonimo di un importante 
private banker

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