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Consulenti (ex-promotori), evitiamo il ritorno al "porta-a-porta"

6/10/2011 | Giuseppe G. Santorsola

La mia attenzione nei confronti della distribuzione dei servizi finanziari è datata 1978: un’iniziativa del Comune di Milano...


La mia attenzione nei confronti della distribuzione dei servizi finanziari è datata 1978: un’iniziativa del Comune di Milano, gestita dall’Università Bocconi dedicata a cittadini interessati a quel tema raccolse, un sabato pomeriggio durante una partita di calcio della nazionale, oltre 250 partecipanti alla mia presentazione in materia. Quel segmento di attività veniva definito vendita “porta-a-porta”, era apertamente in competizione con l’attività di raccolta bancaria e derivava dagli sviluppi italiani dell’esperienza dell’IOS e della filiera commerciale della Fiduciaria-(FID) - Europa (EUR) - America (AM). Emergevano, in casi diversi, profili strategici di marketing finanziario innovativo e tentativi di vera e propria truffa consentiti sull’atipicità dei contratti in essere. 
 
Nel 1985, nel 1991, nel 1996 e nel 1998 si provvide ad una regolamentazione che affiancò il segmento ai canali bancari tradizionali. Quasi tutte le banche hanno promosso reti distributive di consulenti (ex-promotori) e molte sim di distribuzione si sono trasformate in banca. Tutto questo memo per commentare l’episodio definito quale “Madoff all’italiana”, preoccupante ripetizione, a 25 anni dai precedenti, di un meccanismo che si riteneva non più producibile con la vigente normativa.
Un non-promotore, operante per una non-SIM, senza basi contrattuali autorizzate, ha raccolto, gestito e - al momento - non restituito circa 170 milioni di euro. Alcuni dati impressionano ex-post. La somma è stata accumulata in 15 anni, con una media giornaliera di circa 30.000 euro supponendo versamenti on-line anche nei giorni festivi. Il fatto che fossero concentrati presso un’unica filiale di una sola banca alimenta ulteriori dubbi sulla attenzione e i controlli, superando qualsiasi parametro di anomalia. Inoltre, sono registrati con continuità movimenti per investimenti verso l’estero, anche in paesi della black-list. Diversamente non paiono essere censibili movimenti vietati tra conti dei clienti, i quali probabilmente avvenivano presso gli intermediari, spesso non vigilati, localizzati in altri Paesi.
 
Ulteriore fattore è costituito dal numero dei clienti (1.700) pari a circa 5/6 volte il massimo suggerito pro-capite per consulente (ex-promotore) dalle migliori strutture di private banking (e quindi il livello più idoneo per il cliente tipo). I riscontri evidenziamo come solo 600 clienti avessero utilizzato lo scudo fiscale e pertanto 900 rischiano le conseguenze previste dal decreto 103/09, oppure non hanno interesse a far conoscere l’esatto stato della propria situazione. Resta da verificare inoltre, se chi ha scudato lo abbia eseguito sull’intero patrimonio o su parte di esso. Alcune somme potrebbero anche provenire da economia irregolare e quindi lo schema non autorizzato avrebbe funto da veicolo di riciclaggio. Infine, sarà indispensabile definire chi fosse tecnicamente questo soggetto almeno ultimamente senza iscrizione ad alcun Albo, né mandato da alcun intermediario, eppure con 15 anni di rapporti, ad evidenza fino al 2008 senza particolari reclami dai clienti . Ciò significa che:
  • lo schema utilizzato ha avuto una lunghissima fase crescente che ha consentito il ricambio degli investitori in uscita; 
  • crescite lente hanno possibilità di sussistere senza essere scoperte;
  • meccanismi basati su clienti molto numerosi e magari con investimenti ripetuti costruiscono credibilità e facilitano il successo con passaparola;
  • se i clienti si lasciano attrarre e non contestano le irregolarità formali, i tempi di incubazione sono lunghi e creano volumi finali del danno rilevanti;
  • esiste una fascia consistente di risparmiatori, attratti da soluzioni e proposte di investimento, che non conoscono i loro diritti.
Il 9 maggio il presidente della Consob ha evidenziato la superfluità di documentazioni molto complete, ma troppo tecniche, incomprese dall’investitore e di fatto non lette. Sarà utile meditare quindi su migliori formule di educazione finanziaria attraverso meccanismi non solo legate al momento dell’investimento (guide, prospetti, fogli informativi, rendiconti) bensì al momento formativo della persona in occasioni slegate da ragioni di scelta (scuola, vita sociale e operatori indipendenti).
 
Articolo tratto dal numero di giugno di ADVISOR

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