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MiFID II: “Fare melina” non conviene

3/9/2019 | Francesco D'Arco

Tutto come previsto. Nel primo trimestre del 2019 è “esploso” il caso costi. L’attesa per l’invio della rendicontazione formato MiFID II è cresciuta, nel corso del 2018, fino al punto...


Tutto come previsto. Nel primo trimestre del 2019 è “esploso” il caso costi. L’attesa per l’invio della rendicontazione formato MiFID II è cresciuta, nel corso del 2018, fino al punto da trasformare il primo “ritardo” nella consegna del documento alla clientela in un allarme di mancata trasparenza. O meglio di una “non volontà” da parte del sistema delle banche e delle reti di alzare il velo sui costi. Come accuratamente spiegato da Nunzia Melaccio (Gentili&Partners), nella sua consueta rubrica Fund Revolution (articolo a pag. 43, il giornale è disponibile in edicola e su abbonamento), è stato creato il clima giusto per la tempesta perfetta. Dimenticando, però, che le indicazioni ESMA “sono ancora chiaramente insufficienti e inefficaci nel fornire un quadro chiaro di come il desiderata normativo vada concretamente attuato”. Insomma, i dubbi interpretativi sono ancora molti.

Era possibile far emergere tali dubbi prima? Forse sì. E sicuramente il modo in cui sono emersi tali dubbi ha favorito l’esplosione della tempesta perfetta. Forse sarebbe stato più utile dichiarare, in tempi non sospetti, che la scadenza del 2019 presentava alcune difficoltà operative. Come ricorda Luigi Gaffuri, nella sua rubrica Norme&Intermediari (articolo a pag. 41, il giornale è disponibile in edicola e su abbonamento) “la linea di condotta prospettata nel documento congiunto prevede che il rendiconto possa essere prodotto e trasmesso dagli intermediari alla propria clientela solo a seguito del ricevimento delle necessarie informazioni da parte dei produttori e dei tempi tecnici necessari per l’elaborazione dei dati”. Insomma, anche ad essere particolarmente efficienti prima di fine giugno è difficile poter fornire ai clienti un rendiconto formato MiFID II inattaccabile. 

Appurati gli ostacoli oggettivi è indubbio che sarebbe stato più efficace farli emergere prima. Concentrati a gestire gli obblighi burocratici e le questioni operative il sistema ha forse perso di vista il cuore del problema: la sfida della rendicontazione non riguarda solo la trasparenza, quello è l’obiettivo della direttiva europea. In gioco, con la rendicontazione, c’è qualcosa di più grande: la fiducia dei clienti, punto di forza dell’industria della consulenza finanziaria negli ultimi anni. Una fiducia che non viene messa a repentaglio dalla cifra indicata sotto la voce costi, ma dal modo in cui tale voce sarà presentata. Ecco perché, nell’attesa di confrontarsi direttamente con i clienti, è opportuno non lasciare spazio a critiche e assumere un atteggiamento di trasparenza anche nella fase di preparazione. Ogni dettaglio nascosto, agli occhi del cliente, rischia di essere interpretato come una volontà di rimandare l’appuntamento con il rendiconto MiFID II per scelta strategica. Se passa il messaggio che l’industria, su questo tema, ha deciso di “fare melina” sarà poi più difficile spiegare ai clienti il valore che si nasconde dietro ad una commissione.

 

Tratto dall'editoriale del numero di febbraio di ADVISOR, in edicola i questi giorni

 

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