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Cambiano i confini della consulenza

7/23/2022 | Francesco D'Arco

L’industria dell'asset management dovrà confrontarsi con tre grandi incognite. La prima è data dalla necessità di non fare allontanare troppo i clienti dal risparmio gestito, la seconda...


Si è chiuso il primo semestre di un anno che ha cambiato volto con l’avvio del conflitto tra Ucraina e Russia. In questo contesto l’industria del risparmio gestito dovrà confrontarsi con tre grandi incognite. La prima è data dalla necessità di non fare allontanare troppo i clienti dal risparmio gestito. I numeri di fine maggio diffusi da Assoreti (gli ultimi disponibili al momento della chiusura di questo numero di ADVISOR, ndr - fine giugno 2022) rivelano una vera e propria fuga verso la liquidità da parte delle famiglie. Dei 21,46 miliardi raccolti in cinque mesi (due in meno rispetto ai 23,56 dello stesso periodo del 2021), ben 8,55 sono stati destinati alla liquidità, e 8,76 miliardi invece sono stati investiti in strumenti del risparmio gestito. Un cambio di paradigma importante rispetto allo stesso periodo del 2021 che aveva visto confluire in liquidità solo 4,4 miliardi e ben 17,5 miliardi in strumenti del risparmio gestito. Non solo. Assogestioni ha riportato, nel mese di maggio, deflussi consistenti nei fondi italiani per circa 1,3 miliardi di euro, che si aggiungono a un totale di 3,3 miliardi di deflussi nel trimestre in corso. Inoltre, lo stock totale di AuM è sceso dell’1% mese su mese, sostenuto da movimenti di mercato sfavorevoli. Di fronte a questi numeri diventa sfidante il lavoro del consulente finanziario che avrà meno “notizie positive” per tranquillizzare le famiglie. E poco positive sono, secondo gli analisti di Credit Suisse, le prospettive in termini di margini delle banche italiane (e qui si apre la seconda grande incognita del semestre). In un recente report dal titolo molto eloquente (“Italian banks - AuM data for May casts a shadow over the banks’ fee income outlook”) gli esperti della banca elvetica gettano un’ombra sulle prospettive dei ricavi da commissioni delle banche, prevedendo effetti negativi su tali ricavi a causa della “ciclicità insita nell’attività di gestione patrimoniale e in particolare dalle condizioni del mercato locale”. Non solo. Secondo gli analisti di Credit Suisse “l’allargamento degli spread sovrani italiani e il deterioramento economico generale potrebbero continuare a frenare il sentiment degli investitori”.

A queste incognite definite dai numeri se ne aggiunge una terza più difficile da inquadrare. Mi riferisco ai nuovi questionari MiFID che dal 2 agosto dovranno essere consegnati ai clienti e che avranno l’obbligo di far emergere il reale interesse dei risparmiatori nei confronti degli investimenti sostenibili. Non solo. Dovranno essere spiegate ai clienti le caratteristiche dei prodotti ESG che si vogliono inserire in portafoglio. Ma le incognite sono molte e, anche se sembra che non vi siano obblighi di dover offrire strumenti ESG a chi si dichiara interessato a tali prodotti (né tanto meno sembra valere il contrario), di certo partirà un nuovo percorso per la consulenza finanziaria che dovrà fare sempre più i conti con le mille variabili che si celano dietro all’acronimo E. S. G. Quanto queste tre incognite cambieranno i confini dell’industria non lo si può prevedere. Ma pensare che tutto resterà come prima è un errore da non commettere.

 

Editoriale tratto dal numero in edicola in questi giorni, disponibile anche in versione digitale su myadvisoronline.it

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