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Essere consulenti nell'incertezza

10/25/2011 | Giuseppe G. Santorsola

Affronto un rischio consapevole in questo articolo; presentare valutazioni sulle misure di contrasto alla crisi quando non è ancora definito il quadro complessivo.


Affronto un rischio consapevole in questo articolo; presentare valutazioni sulle misure di contrasto alla crisi quando non è ancora definito il quadro complessivo. Anzi, nelle settimane scorse si sono sovrapposte misure spesso antitetiche fra loro, al punto da lasciar immaginare (o sperare) che il susseguirsi delle ipotesi fosse impostato per evitare che un disegno più preciso risultasse attaccabile nella fase di approvazione parlamentare e quindi non conseguibile. Non è il terreno per offrire valutazioni economico-politiche delle misure adottate, quanto quello per valutarne l’impatto su 1.900 miliardi di euro di debito, 3.000 miliardi di euro circa di attività finanziarie, circa 300 miliardi di euro di nuove emissioni lorde all’anno, amministrati, gestiti o monitorati da molti dei lettori di questa rivista. Sempre per chiarire il contesto, dobbiamo considerare il mercato secondario MTS+MOT che intermedia 10-15 miliardi al giorno e il fatto che il 35/50% del totale delle emissioni (a seconda dei momenti) è negoziato da soggetti esteri, conferma di fiducia e di basso rischio della relativa perdita per il nostro debito. Ultima variabile da meditare è la competizione dei nostri titoli con quelli di altri Paesi, anch’essi indebitati, la cui variabile prezzo è oggi lo spread con i Bund (a 2 e 10 anni), che al momento è comunque troppo ampio (il che non vuol dire che non sia giusto) perché animato più dal panico che dalla realtà.
 
Come è noto una manovra consiste in interventi sulle spese (che migliorano la qualità dei titoli del relativo debitore) e sulle entrate (che innalzano anche le imposte relative agli investimenti finanziari). La risultante algebrica attesa è la sommatoria di una diminuzione dei tassi (discesa dello spread) e di una ulteriore diminuzione del risultato netto per aumento della tassazione (+30% da 12,5 a 20). Tale effetto negativo è accettabile se corrisponde ad un minor rischio, ma risulta invece solo negativo se valutiamo che il debito sovrano italiano è comunque sicuro, per cui sarà solo una diminuzione del rendimento e non del rischio effettivo. Ne deriva un’attesa di minor appetibilità del mercato dei bond pubblici, una possibile crescita di attenzione per le corporate bond e soprattutto un potenziale di crescita per il mercato azionario (quanto meno di risollevamento).
 
Quale può essere l’azione di un consulente/promotore in questo contesto? Molti clienti hanno sicuramente bisogno di tranquillità e quindi di non compiere alcuna scelta in condizioni quali le attuali. Il comportamento del consulente è importante per gestire l’animus impaurito del cliente. Altri hanno invece la possibilità di sfruttare la situazione, almeno per parti del portafoglio, cercando di trarne vantaggio. Molte SIM e banche hanno cultura finanziaria e prodotti per gestire il mercato, quando il cliente non imponga tempi propri di movimento delle scelte. Suggerisco un’opportuna autovalutazione del consulente che sappia isolare le proprie scelte dal nervosismo dei mercati, impostando con competenza obiettivi programmati in luogo della istintiva adesione a sommovimenti troppo frequenti. In questo contesto è necessario valutare l’idoneità del prodotto a muoversi in un mercato secondario nel quale la liquidabilità e negoziabilità sono i fattori predominanti, qualità non sempre rinvenibile in molti strumenti, facili a collocarsi ma successivamente poco fungibili. Altra ipotesi da meditare è quella di approfittare della situazione attuale dei prezzi per irrobustire portafogli, soprattutto in ottica previdenziale (in senso lato) per migliorare le rendite a termine oggi scarse. Sinceramente non è però un percorso del quale sento parlare nelle strategie di molti intermediari.
 
Per completare il quadro, lamento la mancanza di innovazione nel segmento dei conti di liquidità, oltre a quelli esistenti fuori dal circuito delle grandi banche, e la pericolosa deriva degli Etf i cui prodotti di generazione successiva propongono rischi diversi dalla natura originaria e necessaria del prodotto.
 
Articolo tratto dal numero di ottobre di ADVISOR

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