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Consulenza finanziaria: il 37% dei clienti pensa che sia gratuita

10/24/2018

Più della metà degli italiani non è in grado di definire in cosa consista il servizio di advisory e il 45% non sa dire se il consulente sia retribuito oppure no. Ecco i risultati dell'ultimo Rapporto sulle scelte di investimento della Consob


Più della metà degli italiani non è in grado di definire in cosa consista il servizio di consulenza in materia d'investimenti. È quanto emerge dal Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2018 della Consob presentato il 22 ottobre a Roma dal presidente vicario della Commissione, Anna Genovese. Stando allo studio, tra gli elementi che orientano nella scelta di un professionista cui affidare i risparmi, sia questi un consulente professionale o un funzionario bancario, gli italiani hanno messo al primo posto le indicazioni fornite dall’istituto bancario di riferimento, seguite dalla fiducia, dai prodotti offerti e dalle competenze. Nel 37% dei casi gli investitori sono convinti che la consulenza sia gratuita, mentre nel 45% dei casi essi dichiarano di non sapere se il consulente è retribuito.

Nel complesso il 50% circa non è disposto a pagare per il servizio, mentre "la disponibilità a pagare si associa positivamente con la cultura finanziaria" (ancora contenuta: in media, un intervistato su due non è in grado di definire correttamente nozioni finanziarie di base) e con altri fattori: la Consob indica anche la conoscenza delle caratteristiche del servizio, l’orientamento al lungo termine (definito come capacità emotiva di sostenere perdite nel breve periodo) e l’abitudine a monitorare gli investimenti.

Per quanto riguarda il rapporto fra cliente e consulente, nella fase dello scambio informativo gli investitori al dettaglio ritengono importante comunicare all’esperto anzitutto la capacità finanziaria di assumere rischio e le aspettative riguardo ai rendimenti attesi. Dopo aver ricevuto la raccomandazione di investimento, più del 60% segue il consiglio, mentre soltanto il 10% si rivolge a una fonte diversa per una seconda opinione.

Il 30% circa dei risparmiatori che si affidano a un consulente o a un gestore dichiara di non aver avuto alcun contatto con il professionista di riferimento nel corso dell’anno precedente. Questa percentuale potrebbe essere indicativa dell'effetto MiFID II sul settore: i CF starebbero cominciando a escludere dal servizio la parte più residuale dei clienti ossia quelli meno profittevoli che in genere hanno i patrimoni più piccoli. Tra gli investitori che incontrano regolarmente il proprio consulente, invece, gli argomenti principali di conversazione riguardano, dopo l’andamento dell’investimento, gli aggiustamenti di portafoglio resi necessari dalla congiuntura di mercato. mentre in caso di turbolenze finanziarie, soltanto il 20% degli investitori si rivolge al consulente.

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