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Mai mettersi contro le banche centrali: vale anche oggi?

6/12/2014 | Massimo Morici

Se lo chiede nell'ultima newsletter Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos Partners, che invita a tenere posizioni non troppo aggressive e comprare ogni tanto un po' di protezione


 
Perché comprare un titolo decennale di un paese dell’Eurozona o un Treasury oggi? A questa domanda ha provato a rispondere Alessandro Fugnoli (nelal foto), strategist di Kairos Partners, nell’ultima newsletter il Rosso e il nero: “Chi compra decennali governativi, anche di dubbia qualità, al 2 o al 3 per cento o ha deciso di combattere la Fed, la Bce e tutte le altre banche centrali, oppure pensa che l’inflazione salirà ma non farà male ai suoi bond oppure ancora ritiene, con un ragionamento non banale, che alla prossima recessione o anche solo al prossimo rallentamento vedremo i tassi ancora più bassi di oggi”.
 
Dunque, perché non rischiare? Il problema, spiega Fugnoli, è che non mettersi contro le banche centrali è “una vecchia massima che funziona praticamente sempre” e, in questi ultimi anni, “in parte ammiccando e in parte dicendolo chiaramente, le banche centrali hanno suggerito a tutti di comprare in borsa”. Tuttavia, oggi sia le azioni sia le obbligazioni sono care, che però non è “un marchio di infamia”: è un semaforo giallo, scrive Fugnoli, che può rimanere sullo stesso colore piuttosto a lungo. “Vivere nel giallo con consapevolezza significa allora tenere posizioni non troppo aggressive e comprare ogni tanto un po’ di protezione, specialmente quando costa pochissimo come adesso”.
 
Così luglio e agosto, che immaginiamo solidi e tranquilli, daranno l’opportunità per alleggerire i portafogli molto esposti al rischio o di costruire comunque intorno a loro protezioni efficaci, prosegue Fugnoli, che però lancia un avvertimento sull’Iraq: “Al-Qaeda - conclude - sembra ora dirigersi verso una delle grandi zone di estrazione del greggio. Se pensiamo ai danni (10 dollari sul prezzo del greggio per tutti questi mesi) provocati dai conflitti intestini in Libia possiamo capire che l’Iraq, che produce a regime più del doppio della Libia, potrebbe procurarci qualche problema. E dare un contributo a quella cosa che tutti abbiamo deciso di non vedere nel nostro futuro, l’inflazione”.

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