Columbia, tutte le cause delle turbolenze sui mercati
La volatilità è tornata a livelli che non si osservavano dal 2011, in piena crisi del debito sovrano. L’interrogativo che gli investitori devono porsi adesso è se gli eventi recenti rappresentano solo una correzione dopo una lunga e vigorosa corsa al rialzo degli asset rischiosi oppure qualcosa di più sinistro. E' l'incipit dell'analisi di Mark Burgess, chief investment officer EMEA e responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments.
La nostra opinione è che i mercati azionari abbiano cavalcato un’ondata di liquidità immessa dai QE negli ultimi anni, ma gli investitori si trovano adesso di fronte alla realtà di una crescita economica nel mondo sviluppato che, a sette anni dalla crisi, rimane tutt’altro che brillante. Purtroppo, l’unica economia sviluppata rilevante ad aver registrato una crescita sostenuta dopo la crisi, gli Stati Uniti, ha risentito dell’apprezzamento del dollaro e di condizioni più tese nel mercato del lavoro, e la spesa per investimenti è stata frenata dal crollo dei prezzi del petrolio a livello mondiale. Se gli Stati Uniti iniziano a rallentare, e la Cina decelera rapidamente o fa persino peggio, la prognosi per la crescita globale non è certo molto positiva.
Cosa significa tutto ciò per gli investitori? Se i recenti ribassi delle borse sono una semplice correzione, vi saranno buone opportunità per gli investitori con un orizzonte di lungo periodo, e i miei colleghi del segmento azionario hanno incrementato le loro posizioni privilegiate a fronte di livelli di valutazione interessanti. Ciò ha dovuto essere fatto con attenzione, tuttavia, in quanto vi sono state ampie oscillazioni infragiornaliere. Nei mercati obbligazionari, siamo stati colpiti dalla scarsa diversificazione offerta dai titoli di Stato core: hanno perlopiù resistito lunedì, ma sono precipitati martedì. I lettori più fedeli delle mie colonne sapranno che abbiamo sottopesato le obbligazioni sovrane core e non siamo inclini a cambiare tale posizionamento alla luce delle loro performance. Sul fronte della politica monetaria, crediamo che sia ormai improbabile che la Bank of England innalzi i tassi d’interesse quest’anno. Negli Stati Uniti, le quotazioni di mercato segnalano che le probabilità di un rialzo dei tassi della Fed quest’anno sono di circa il 50%, ma siamo convinti che la possibilità di tale rialzo nel 2015 stia rapidamente venendo meno. In effetti, indipendentemente da quello che succede in Cina, un contesto di tassi d’interesse “più bassi più a lungo” sembra ormai probabile.
Alla luce di tutto ciò, la nostra valutazione iniziale è che si tratti di una correzione, anziché dell’inizio di qualcosa di più grave, anche se molto dipende da quel che succederà in Cina in questo scorcio di 2015 e agli inizi del 2016. Per tale motivo, dedichiamo molto impegno a comprendere il possibile impatto sull’economia mondiale di diversi tassi di crescita economica in Cina. Se le autorità cinesi riusciranno a far restare l’economia “a galla”, vi sono buone probabilità che anche il mondo sviluppato vi riuscirà, e che quindi l’attuale correzione possa trasformarsi in un’opportunità d’acquisto. Tuttavia, se le autorità cinesi non riusciranno a mantenere la rotta, le prospettive per la crescita mondiale sono piuttosto cupe. Un rinvio dei rialzi dei tassi d’interesse sarebbe positivo per le azioni (e per i mercati emergenti) nel breve periodo e contribuirebbe a sostenere i mercati obbligazionari. Tuttavia, a più lungo termine, l’incapacità delle banche centrali di innalzare i tassi d’interesse in misura modesta sarebbe indicativa di una crescita molto debole, che in definitiva sarebbe negativa per le azioni. Un mondo in cui la Cina esporta deflazione sarebbe molto difficile per gli utili delle imprese a livello globale, in quanto il pricing power sarebbe probabilmente eroso. In un simile scenario, dovremmo focalizzarci sulla crescita di lungo periodo (laddove ve ne sia), sui settori con elevate barriere all’ingresso e sui casi di successo individuale.