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Svalutazione dello yuan, un cane che si morde la coda

2/2/2016

Le autorità cinesi continueranno con le attuali politiche di deprezzamento graduale o punteranno su una singola svalutazione? Ecco l'analisi di Craig Botham, economista mercati emergenti di Schroders


Se le aspettative sulla debolezza dello yuan possono creare una fuoriuscita di capitali in Cina, anche dal mercato azionario, anche i deflussi d’altra parte potrebbero contribuire a indebolire ulteriormente la valuta cinese: un cane, insomma, che si morde la coda. È una situazione che continuerà? Se lo chiede Craig Botham, economista ed esperto di mercati emergenti di Schroders. "La domanda da porsi è se le autorità continueranno con le attuali politiche di deprezzamento graduale o se punteranno a una singola svalutazione, più aggressiva. Ciò comporterebbe un abbassamento del tasso di cambio ponderato (il tasso effettivo di cambio cinese, ndr), una minaccia più grande per il resto del mondo" prosegue Botham.

I forti deprezzamenti, ricorda l’economista, sono associati con grandi rischi per i mercati emergenti, in quanto il debito denominato in valuta estera del governo, delle aziende e del settore finanziario diventa molto più pesante e l’inflazione sale sensibilmente. "Nel caso della Cina, il peso del debito in valuta estera è generalmente abbastanza esiguo. Sebbene ci sia stata molta copertura mediatica sull’incremento del debito in valuta estera nel settore privato, questo rimane limitato rispetto al Pil cinese e probabilmente si è anche abbassato dopo la svalutazione in agosto, come la grande fuga di capitali suggerisce. Abbiamo anche assistito a una maggiore protezione in tal senso da parte delle società cinesi dopo la svalutazione. Per quanto riguarda l’inflazione, con l’indice dei prezzi al consumo all’1,6% e l’indice dei prezzi di produzione a -5,9%, c’è poco da preoccuparsi (il target dell’inflazione è al 3%, ndr)" aggiunge Botham.

Quindi? Secondo Schroders, i rischi macroeconomici derivati da una grande svalutazione sembrano limitati, almeno per la Cina. Diverso il discorso per i mercati sviluppati. "Sia una svalutazione unica sia un graduale deprezzamento - sottolinea l'economista - si rivelerebbero forze deflazionistiche, in particolar modo per le economie che non stanno attraversando una fase di deprezzamento, ad esempio gli Stati Uniti. Una singola svalutazione avrebbe un impatto immediato maggiore, ma stabilizzerebbe i mercati rimuovendo le incertezze; dopo una svalutazione abbastanza grande, le aspettative di un ulteriore indebolimento della valuta dovrebbero dissipars".

Per Botham un’unica grande svalutazione (diciamo del 20%) sarebbe preferibile rispetto a un graduale deprezzamento dello stesso importo, anche se Pechino sembrerebbero orientarsi verso un deprezzamento graduale. Il renminbi, conclude l’economista, probabilmente si rafforzerà entro la fine dell’anno, assestandosi a 6,8 dollari rispetto ai 6,58 dollari attuali.

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