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"Vi spiego la differenza tra le banche europee e americane"

2/25/2016 | Brad Tank - cio fixed income Neuberger Berman

Le autorità europee sono state molto più lente a chiedere un intervento quando è arrivata la crisi e la redditività si è ripresa di poco rispetto al 2008 - 2009


Due settimane fa, quando il mercato stava facendo i capricci, in Canada la stampa finanziaria si stupiva di quanto fossero solide le banche canadesi dato che avevano perso “solo” il 7-10% del loro valore di mercato da inizio anno mentre le omologhe europee ed americane erano in rosso del 20-30%. Una delle molte spiegazioni proposte del panico sui titoli delle banche americane era l’ammontare di debito deteriorato legato all’industria energetica a cui potevano essere esposte. Le banche canadesi, semmai, sono ancora più esposte a questi rischi.

C’è un po’ di verità in ciascuna delle spiegazioni del sell-off del settore bancario a livello mondiale: la domanda di prestiti messa a tacere, i tassi benchmark negativi, le curve di rendimento piatte, l’esposizione al petrolio. Tuttavia la cosa di gran lunga più importante è stata la pressione tecnica sulle vendite. Quando il core business è prendere denaro a prestito a breve termine e prestarlo a lungo termine, il contesto non è dei migliori per la profittabilità.

Quest’ultima è significativa per gli azionisti ma nella maggior parte dei business la profittabilità deve deteriorarsi molto, prima di arrivare a riguardare i creditori. In realtà una piccola erosione della profittabilità può essere positiva per chi detiene obbligazioni poiché può rendere il management più cauto. Le banche sono differenti, certo. Dal momento che la leva bancaria viene regolamentata sempre più, il sentiment che colpisce le valutazioni azionarie può essere molto dannoso se spinge una banca con leva elevata vicino al suo capital ratio normativo minimo.

Questo può portare gli obbligazionisti irrequieti a chiedere un prezzo più alto per assumersi il rischio di “bail-in” in caso di fallimento bancario. Il capitale tier-1 addizionale nelle banche europee può perfino essere convertito in equity prima che una banca fallisca. Le banche americane, invece, non hanno leva elevata. Dalla crisi finanziaria il rapporto tra capitale ed asset detenuti dalle banche è cresciuto in media da circa il 9% al 12%. Inoltre, dopo il crollo seguito alla crisi finanziaria, la redditività è risalita al di sopra del 9%. Riteniamo che le banche americane siano le meglio gestite al mondo e la maggior parte di esse ha dei buoni piani di successione.

Ecco perché crediamo che il debito delle banche americane sia un buon investimento adesso. Siamo felici di notare che uno dei banchieri più rispettati, Jamie Dimon di JP Morgan, è d’accordo con noi: il suo acquisto di 26 milioni di dollari del titolo della sua banca suggerisce un certo margine di correzione della valutazione scorretta che abbiamo identificato. È più difficile essere entusiasti delle banche europee. È vero che esistono punte di eccellenza.

Ad esempio, molte banche scandinave sono entrate nella crisi del 2007-2009 efficienti e ben capitalizzate e da allora hanno guadagnato quote di mercato. Altrove gli alti costi, un mercato internazionale frammentato che scoraggia la competizione ed una maggiore attenzione su business meno profittevoli basati sulla relazione hanno portato ad una redditività strutturalmente inferiore e, per compensazione, ad una leva più elevata rispetto agli Usa.

Le autorità europee sono state molto più lente a chiedere un intervento quando è arrivata la crisi (le banche dell’Eurozona hanno ancora un rapporto tra capitale ed asset detenuti di solo l’8% in media) e la redditività si è ripresa di poco rispetto ai livelli del 4-5% sui quali era caduta nel 2008-2009. Ecco perché vediamo una reazione più marcata sulle obbligazioni bancarie europee rispetto a quelle americane. Il debito convertibile del capitale tier-1 addizionale ha perso il 20% del valore, in linea con quello azionario, seguendo esattamente il copione che era stato scritto per lui in condizioni del genere.

Le banche europee si stanno sforzando di costruire la solidità richiesta dalle autorità regolamentari ed essere più efficienti per aumentare la redditività mentre le autorità rimangono bloccate nei dibattiti politici sull’unione bancaria. È un passo da fare ma è duro e doloroso ed è la stessa strada che le banche americane hanno percorso 6 anni fa più velocemente ed in un quadro di riferimento normativo molto più semplice. Di conseguenza, guardando ai fondamentali di oggi, vediamo un oceano tra le banche europee e quelle Usa sotto più di un profilo. Che il mercato qualche volta non ne tenga conto permette a chi la mano ferma di costruire posizioni a valutazione potenzialmente molto attraenti.

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