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Gestore della settimana: "Perché le banche centrali hanno fallito"

2/29/2016

Il rilancio dell'economia è stato affidato ai soli banchieri centrali che hanno risposto con il QE. Ma la pioggia di denaro ha spinto la domanda ma non ha risolto il problema


“La retorica dei ministri delle finanze del G20 riuniti a Shanghai in questi giorni consisterà probabilmente nell’esortare i banchieri centrali a fare di più per dare impulso a un'economia globale in difficoltà. I politici però si sono appoggiati ai banchieri centrali per troppo tempo e dovrebbero andare avanti con l'adozione di politiche fiscali sensate, se vogliono una crescita sostenibile”. Così scrive Martin Gilbert (nella foto), celebre cofondatore e ceo di Aberdeen Asset Management, in un recente commento: non è dalle banche centrali che deve arrivare l’impulso per rilanciare l’economia globale, secondo il numero uno dell'asset manager scozzese, ma dai singoli governi con una serie di provvedimenti.

Gilbert, che è anche uomo d’affari conosciuto nel Regno Unito (recentemente è stato nominato vicepresidente del gruppo Sky della famiglia Murdoch), ricorda che l'Ocse ha rivisto la stima della crescita dell'economia mondiale al 3%, da un già abbastanza misero 3,3%, e che “ha esortato i responsabili politici a non fare affidamento esclusivamente sulle loro banche centrali per rilanciare la debole domanda”. Dalla crisi finanziaria, infatti, una “quantità sproporzionata di responsabilità per come rilanciare l'economia globale è caduta sulle spalle delle banche centrali. I banchieri centrali hanno debitamente tagliato i tassi di interesse e hanno intrapreso il QE, ma sono in molti ora a sollecitarli a rinnovare lo slancio con ”una pioggia di denaro”. Una strategia che, però, non avrebbe alcuna efficacia.

“Questo - prosegue - spingerebbe certamente la domanda, ma non risolverebbe il problema. L'efficacia e la saggezza di queste politiche è ora messa apertamente in discussione: ci si rende sempre più conto che le politiche monetarie delle banche centrali dovrebbero agire di concerto con le politiche fiscali e produttive dei governi. Ora è il momento per questi ultimi di accelerare” prosegue Gilbert.

Ma cosa dovrebbero fare i governi per spingere la crescita? “Un buon inizio – ammette Gilbert - per i policymaker sarebbe quello di tagliare le tasse. Un taglio dell’imposta sul reddito o un aumento dei crediti d'imposta avrebbero un effetto meno distorsivo sull’economia rispetto ad altre politiche. I governi potrebbero anche stimolare settori specifici, per esempio tagliando l’Iva su determinati beni per aumentare la spesa discrezionale”.

L'altra mossa, sarebbe quella di aumentare la spesa sul settore delle infrastrutture, che potrebbe contribuire ad aumentare il reddito a livello nazionale più del costo sostenuto in fase iniziale e, inoltre, sarebbe utile per sostenere la crescita futura. “È fondamentale che l’investimento in infrastrutture sia fatto con una prospettiva di lungo termine e non di breve, come spesso vorrebbero le finestre elettorali dei politici” sottolinea Gilbert secondo cui si potrebbe fare di più nel mercato del lavoro. “Sarebbe utile finanziare percorsi che riqualificano i disoccupati e, molto più attivamente, abbinarli con i posti vacanti disponibili".

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