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Gestore della settimana: l'obbligazionario fa rima con flessibile

4/15/2016 | Marcella Persola

Il gestore di Nordea Soren Lolle spiega perché nell'attuale contesto di mercato c'è ancora valore nel mercato dei bond e con un approccio...


Soren Lolle (nella foto) co-gestore del Nordea 1 - Flexible Fixed Income Fund della società di gestiore nordica (Nordea) spiega ad Advisoronline quali sono le migliori soluzioni per approcciare il mercato obbligazionario e trovarne valore.

 

Perché pensa che nell'attuale contesto di mercato le soluzioni flessibili sono le migliori?

 

Nell’attuale contesto di bassi rendimenti, l’investitore obbligazionario tradizionale non ha più lo stesso livello di protezione dai titoli di stato sicuri. Le cedole sono diventate molto basse e la possibilità per i tassi di interesse di calare in modo significativo dai livelli attuali sono limitate. Non solo è a rischio il reddito degli investitori, ma anche il loro capitale. Invece di adottare un approccio strutturato agli investimenti obbligazionari, abbiamo la necessità di essere flessibili e la possibilità di investire a livello globale dove troviamo i migliori rendimenti corretti per il rischio. E’ anche fondamentale avere la volontà di ridurre il rischio complessivo derivante, ad esempio, dai tassi di interesse o dal rischio di credito, se riteniamo prudente farlo. Anche le nuove strategie per mitigare il rischio abbassando quello complessivo del portafoglio sono importanti per preservare il capitale.

 

Ci può spiegare qual è la strategia del fondo?

 

Puntiamo ad identificare i driver reali di rendimento del mercato e poi bilanciare il rischio nel nostro portafoglio tenendo quelli in grado di ottenere il rendimento migliore nei diversi contesti di mercato. La gamma dei driver di rendimento dai governativi puri (come i governativi USA, che funzionano bene in mercati orso) allo spread di credito high yield (ad esempio quelli europei, che funzionano bene in mercati toro), ma anche strategie proprietarie nel segmento del forex che mitigano il rischio complessivo del portafoglio. Il portafoglio viene corretto in maniera dinamica per dare più spazio ai driver di rendimento con profitti corretti per il rischio più alti. Controlliamo il rischio complessivo applicando i nostri modelli tattici fondamentali che sono essenzialmente in grado di dirci quando è il momento di ridurre il rischio complessivo del portafoglio. Grazie ai derivati siamo in grado di ridurre il rischio a seconda delle necessità in modo conveniente ed efficiente.

 

Quali sono le prospettive del mercato per i prossimi mesi?

 

Sulla base della recente ripresa delle principali variabili fondamentali e di un appiattimento della curva dei rendimenti, i nostri modelli tattici suggeriscono che i tassi sono in aumento. Abbiamo, dunque, ridotto tatticamente la duration a 0.2 anni nel nostro fondo vendendo bond governativi futures.

 

Quali rischi potrebbero minare la crescita globale, secondo la sua opinione?

 

Oggi ci sono diversi rischi per l’economia globale. Dopo sette anni di espansione l’economia americana si trova in una fase matura della ripresa in cui i costi unitari del lavoro cominciano tipicamente ad aumentare e i profitti si contraggono. Stiamo assistendo a queste tendenze, ora, e queste sono spesso le prime indicazioni di un imminente rallentamento o recessione che, se dovessero materializzarsi, metterebbero a rischio la crescita globale. Più in generale, riteniamo che la crescita economica globale si trova ad affrontare una poco amichevole combinazione di debole produttività a livello storico in tutte le economie sviluppate e cambiamenti dei trend demografici con una diminuzione della crescita della forza lavoro. Di conseguenza la potenziale crescita globale oggi è inferiore rispetto a prima della grande recessione, ciò significa che l’economia mondiale nel complesso è meno resistente agli shock negativi dell’offerta o della domanda. Questi shock possono includere un ulteriore collasso dei prezzi delle commodities la Brexit, un altro rallentamento in Cina o un inasprimento troppo aggressivo della politica monetaria statunitense.

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