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Donne nell'industria finanziaria: qualcosa si muove

6/13/2016 | Marcella Persola

Lo studio Women in Financial Services di Oliver Wyman evidenzia che la presenza delle donne all'interno dei board e dei comitati esecutivi è cresciuta


Un leggero miglioramento grazie alla legge Golfo-Mosca ma una strada ancora in salita. Si presenta così lo scenario relativo alla presenza delle donne all'interno dei board e dei comitati esecutivi dell'industria finanziaria. Questa la fotografia tracciata da Oliver Wyman che ha presentato quest'oggi la seconda edizione dello studio "Women in Financial Services".

 

Dal report globale emerge che nell'industria dei servizi finanziari solo un quinto (26%) dei consigli di amministrazione e il 16% dei comitati esecutivi è composto da donne. E seppure a livello di presenza di donne quadro nell'industria finanziaria non si discosta molto da quella di altri comparti e nella funzione dirigenziale che bisogna lavorare di più. Le donne infatti in ruoli executive nei servizi finanziari hanno una probabilità fino al 30% maggiore di lasciare il proprio lavoro rispetto alle colleghe rispetto ad altri settori.

 

Ma quali sono i muri da abbattere, soprattutto in Italia? Per gli esperti della società di consulenza le interviste condotte durante la survey hanno evidenziato che il retaggio culturale, cioè l'idea che l'uomo abbia la responsabilità di mantenere la famiglia e "fare carriera", le difficoltà che sta vivendo oggi il settore finanziario, che pone in secondo piano le esigenze di gestione e valorizzazione dei talenti, sacrificando anche iniziative che possono accompagnare efficacemente le donne nel proprio ciclo di vita personale; la rigidità dei percorsi di carriera, principalmente verticale e specializzato con minime opportunità di rotazione fra le funzioni aziendali, così come la rigidità nell'organizzazione del lavoro che valorizza la presenza fisica in ufficio e la flessibilità con richieste di disponibilità continua e immediata; la selezione naturale - promozione del proprio genere, che porta ad un bias positivo verso il proprio genere, così che nel processo di scelta di un collaboratore, spesso inconsciamente, si tende a scegliere candidati simili a sé, e la lentezza del ricambio generazionale sono tra i fattori maggiori.

 

Ma per gli esperti di Oliver Wyman ci sono almeno cinque punti chiave sui quali intervenire se non per invertire la rotta, almeno per prendere coscienza del fenomeno. Guidare il cambiamento dal vertice, ossia deve essere il capo-azienda ad ri-bilanciare l'equilibrio di genere e favorire la diversità nella squadra di comando. Mettere in pratica le iniziative aziendali sulla flessibilità. Se le politiche sulla flessibilità rimangono sulla carta senza essere utilizzate e se non sono sanzionati i casi in cui il loro uso è impossibile a causa dell'inefficienza e della pianificazione, il talento femminile sarà scoraggiato e si dirigerà verso altri lidi (il fintech, ad esempio?). Un altro punto è il passaggio da una gestione del personale alla gestione del talento. Vanno attuati processi di valutazione strutturali e oggettivi che favoriscono la meritocrazia e la diversità. Inoltre istituire dei rapporti di coaching e di mentoring tra il top management e il miglior talento al femminile. Infine misurare i risultati di iniziative di genere e darne trasparenza all'interno dell'azienda.

 

Andrea Federico (nella foto), partner di Oliver Wyman e uno degli autori del report italiano ha dichiarato: "Mai come adesso per l'industria finanziaria sarebbe necessario arricchire e diversificare la propria leadership e valorizzare in posizioni apicali le tante donne che già al suo interno operano con eccellenza a tutti i livelli. E' necessario cambiare mentalità e approccio alla diversity per migliorare l'industria".

 

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