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Greenwood dà le pagelle ai Paesi: chi vince e chi perde nel 2017

12/1/2016

Per il capo economista di Invesco faranno meglio gli USA di Trump e gli emergenti. L'inefficace politica monetaria della Bce continuerà a non funzionare


Chi saranno i paesi vincitori nel 2017? Non ha dubbi John Greenwood (nella foto), capo economista di Invesco, che oggi ha presentato a Milano il suo outlook per il prossimo anno: saranno gli USA, spinti dagli stimoli fiscali promessi dal neopresidente Trump e i paesi emergenti, Cina permettendo. Faticheranno, invece, tutti gli altri paesi sviluppati, a partire dal Regno Unito che dovrà affrontare gli effetti della Brexit, e soprattutto Giappone ed Eurozona dove il risanamento dei bilanci tra le banche e le riforme strutturali procedono a rilento, e l'impatto del "qualitative and quantitative easing" è stato di gran lunga inferiore al previsto. Greenwood, in particolare, è tornato a criticare la modalità con cui si stanno attuando le politiche monetarie dalla Bce e dalla Bank of Japan, incentrato sulle operazioni di asset swap che non generano liquidità e fanno dipendere la ripresa dell’economia quasi esclusivamente dalla capacità delle banche di erogare credito.

Greenwood ha una visione positiva invece del presidente Donald Trump che assumerà la carica di presidente il 20 gennaio 2017 con i Repubblicani che controlleranno entrambe le Camere del Parlamento. Trump, che ha proposto diverse misure di stimolo fiscale, intende riformare l'Affordable Care Act, abolire le restrizioni alla produzione di energia e rivedere il Dodd Frank Act sulle normative bancarie. Per Greenwood il suo programma mira a ripristinare i punti di forza dell'economia americana, migliorando lo stato di salute delle aziende e delle famiglie americane: la crescita del Pil reale migliorerà e salirà al 2,5%, mentre l'inflazione IPC (inflazione dei prezzi al consumo, o al dettaglio) raggiungerà il 2,1% nel 2017.

Più grigia la visione dell’economista sull’Europa, dove il quadro economico appare meno favorevole: i faticosi progressi nella risoluzione bancaria, la debolezza del programma di QE della Bce e la discesa dei tassi in territorio negativo sono alcuni degli ostacoli alla ripresa dell'economia, secondo Greenwood, mentre la disoccupazione è ancora a due cifre e i redditi stentano a salire. “Di conseguenza, a sinistra come a destra, hanno trovato terreno fertile i movimenti politici populisti e xenofobi che hanno un effetto disgregante. Poiché i tradizionali governi di centro-destra o di centro-sinistra in Italia, Olanda, Francia e Germania si troveranno a breve di fronte a referendum o a scadenze elettorali nel 2017, esiste il forte rischio di ulteriori mutamenti politici con effetti perturbatori” spiega l’economista con il rischio che “a un certo punto, uno o più di questi elettorati potrebbe prendere il sopravvento sulle élite di governo e costituire una minaccia esistenziale per l’ordine prestabilito, per l'Ue o addirittura per la zona Euro”.

Per Greenwood nel Vecchio Continente la crescita del Pil reale non supererà l'1,5%, con un’inflazione che scenderà, ma che sarà ben lontana dagli obiettivi di poco inferiori al 2 % ipotizzati dalla Bce. E se l’Europa piange, il Regno Unito certo non ride. “L'economia britannica, a confronto, si sta comportando piuttosto bene – sottolinea Greenwood – e segue il modello USA di graduale risanamento dei bilanci ed è aiutata dalle iniezioni di moneta creata dal QE. Tuttavia, a seguito del voto sulla Brexit nel giugno 2016, il Regno Unito rischia di perdere l'accesso, privo di barriere doganali, al mercato dell'Ue, di veder calare gli investimenti stranieri diretti e di veder Londra ampiamente ridimensionata come capitale finanziaria europea”.

Quanto al Giappone, l’Abenomics non è stata all'altezza delle promesse e le prospettive per il 2017 non sono molto più rosee di quelle del 2016. In questo caso Greenwood prevede una crescita del Pil reale dello 0,7% e prezzi al consumo sostanzialmente invariati. Nei Paesi emergenti, infine, Greenwood ricorda che nel 2016 abbiamo assistito allo stop degli interventi correttivi messi in atto per frenare la creazione in eccesso di credito e l’esagerato indebitamento. Lo dimostrano la stabilizzazione e i modesti rialzi dei prezzi delle commodity nel primo semestre dell'anno e i nuovi afflussi di capitali in queste aree.

Per il capo economista di Invesco una delle grandi incognite del 2017 sarà ancora la principale economica emergente, la Cina, che ha introdotto in controtendenza misure di espansione del credito. Una scelta che potrebbe causare l'ennesimo episodio inflattivo tanto che i mercati si chiedono in che modo le autorità cinesi affronteranno questo problema, se tramite la repressione e i controlli diretti o limitando il credito e consentendo alle forze di mercato di trasmettere gli adeguamenti necessari. "La crescita in eccesso del credito in Cina sembra aver riguardato solo il settore finanziario e statale, ma diversi segnali indicano che starebbe per contagiare anche l'economia in senso lato. Ulteriori ritardi da parte delle autorità cinesi potrebbero far sì che l'aggiustamento, quando finalmente avverrà, sarà molto più pesante” conclude l’esperto.

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