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Cina sotto una nuova luce: quali sviluppi all’orizzonte?

6/1/2017 | Gloria Grigolon

A dispetto dei dubbi riguardanti la tenuta economica cinese, il Dragone continua ad essere uno dei punti di riferimento per l’economia reale. A che punto si trova la Cina?


A dispetto dei dubbi riguardanti la tenuta economica cinese, il Dragone continua ad essere uno dei punti di riferimento per l’economia reale, mostrando un tasso d’inflazione in aumento all'1,2% ed un PIL annuo al 6,9%, maggiore del consensus. Come comportarsi? Dalla crescita al consolidamento; dai numeri alla qualità. A che punto si trova la Cina?

 

Mentre Moody’s ha abbassato il rating del debito sovrano cinese da Aa3 ad A1, passando da un rischio molto basso d’insolvenza ad uno di grado superiore, Standard & Poor's è rimasta a guardare, mantenendo la propria valutazione sui livelli del marzo 2016 ad AA-.
A dispetto dei dubbi riguardanti la tenuta economica della nazione, il Dragone continua ad essere uno dei principali punti di riferimento per l’economia reale, mostrando un tasso d’inflazione in aumento all'1,2% ed un PIL annuo al 6,9%, maggiore del consensus. Come comportarsi?

 

A valutare gli effetti del passaggio da un sistema improntato alla crescita dei grandi numeri, ad un costrutto più orientato alla qualità dei consumi e dei servizi, sono i partner di Advisor Professional.

 

Partendo dal comparto finanziario, per Janus Henderson Investors il posizionamento sull’azionario bancario di Pechino è tornato conveniente, complici uno sviluppo economico superiore alle attese e una profittabilità crescente per le aziende locali. Talune banche di più elevato standard trattano oggi su valutazioni di mercato inferiori rispetto ai titoli più scambiati e risultano quindi un buon affare nel breve periodo. La redditività delle aziende in Cina e il flusso di cassa generato da esse è mediamente cresciuto, mentre è stata resa più chiara e stringente la disciplina delle cosiddette SOE, società statali con ruolo chiave nell’allocazione dei capitali a livello nazionale. Inoltre, con un livello dei prezzi in crescita, anche la moneta locale cinese, il renminbi, dovrebbe rafforzarsi gradualmente, e con essa quella delle altre economie emergenti, con uno sgravio per le bilance commerciali nazionali.

 

Intanto, la Cina sta progressivamente liberalizzando il proprio mercato dei capitali (il mercato domestico muove circa 6,5 mila miliardi di dollari). Alla base del commercio interno, ricorda a proposito UBS Asset Management, la parte del gigante la fanno ancora i colossi di internet e dell’e-commerce, ma con nuove sfumature: le tre più grandi compagnie della regione, Alibaba, Tencent e Baidu, stanno investendo in piattaforme per la consegna a domicilio di cibo, in linea coi nuovi trend della domanda. Il comparto del food cosiddetto “online-to-offline” si prevede raggiungerà oltre mille miliardi di dollari entro il 2017 (7,28 mila miliardi di yuan).

Su Tencet si è espressa anche Capital Group, individuando nel fornitore di servizi internet (attraverso la conglomerata dei media sudafricana Naspers) uno dei migliori titoli tra i paesi emergenti.

 

Sulla tenuta e sulla bontà dell’economia cinese ha puntato Carmignac, che, per quanto concerne gli strumenti aventi il mercato emergente come focus, si posiziona con una quota pari al 12,4% su Cina ed Hong Kong. “Privilegiamo le azioni e le obbligazioni dei paesi produttori di commodities” hanno precisato dalla casa.

Con esplicito riferimento alle materie prime, inoltre, Schroders ha individuato come l’inasprimento finanziario attuato sotto il governo di Xi Jinping costituisca la prima incognita per la Cina, paese ancora fortemente legato alla siderurgia e all’andamento dei prezzi delle commodity industriali.

 

Le misure di austerità, assieme con la forte svalutazione di alcune valute emergenti, non ha però penalizzato l’industria del lusso. “Nei prossimi anni” ha specificato GAM Sgr assisteremo a una crescita nel numero di consumatori del lusso, in particolar modo nei Paesi emergenti” precisando che sorprese positive si avranno da Cina, Macao ed Hong Kong.

 

Infine, dopo aver ottenuto il triste primato in materia di emissioni di gas a effetto serra, Pechino si è mossa nella direzione dell’efficienza energetica. “Fino al 2010” ha spiegato Morgan Stanley IM,la correlazione tra PIL ed emissioni di CO2 è stata molto stretta: la produzione di beni e servizi richiede energia, tradizionalmente ottenuta dai combustibili fossili. Dal 2010, tuttavia, tale correlazione ha iniziato a venir meno. Lo sganciamento delle emissioni di CO2  dalla crescita del PIL significa che l’energia che alimenta l’economia viene utilizzata in modo più efficiente oppure che viene prodotta utilizzando metodi più ecocompatibili”.

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