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Columbia Threadneedle Inv: QE effetti presenti e futuri

7/3/2017 | Marcella Persola

Il quantitative easing (QE) ha prodotto gli effetti desiderati? Ne fa un'analisi dettagliata Mark Burgess, chief investment officer EMEA e responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments.


I motivi a favore del ricorso al quantitative easing (QE) e la sua efficacia sono stati oggetto di lunghe e approfondite analisi. Ma ha prodotto gli effetti desiderati? Ne fa un'analisi dettagliata Mark Burgess (nella foto), chief investment officer EMEA e responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments che esamina le prossime probabili mosse delle banche centrali e il loro potenziale impatto sui mercati.

"Il QE ha fatto per la prima volta la sua comparsa nel 2001, quando la Bank of Japan (BoJ) ha cominciato per prima ad acquistare titoli di Stato finanziando gli acquisti tramite la creazione di riserve bancarie. Ciò è avvenuto quando i tassi d’interesse nominali sono scesi in prossimità del presupposto limite inferiore, costringendo la BoJ ad adottare nuove misure di stimolo dell’economia. In seguito alla crisi finanziaria globale, le banche centrali di Stati Uniti, Regno Unito ed Europa sono state costrette a seguire le orme della BoJ, inondando di liquidità il sistema bancario al fine di evitarne il tracollo" scrive Burgess nel suo paper.

 

"Nel complesso, il QE ha causato il forte indebitamento di economie sviluppate e ottenuto esiti più o meno soddisfacenti a seconda dell’entità delle distorsioni o degli attriti nel funzionamento dei diversi mercati. A distanza di un decennio dall’inizio della crisi è arrivato il momento di interrogarsi sul futuro dopo il QE. Sebbene la decisione di implementare il QE nei mercati sviluppati sia stata pressoché uniforme, i metodi utilizzati sono stati variegati e quindi anche gli approcci per ritirare il QE negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Europa e in Giappone saranno diversi" continua l'esperto.

 

Ma quali sono gli effetti prodotti? Per Burgess "i recenti programmi di QE hanno determinato un calo dei tassi di sconto, un indebolimento delle valute e un contesto favorevole alle attività rischiose. Nel complesso, la normalizzazione post-QE attira sempre più attenzione. Gli esperti, compreso l’FMI, avvertono che il ritiro del QE potrebbe causare enormi fibrillazioni accompagnate da un aumento della volatilità sui mercati e dalla lotta tra le banche per assicurarsi la restante liquidità nel momento in cui l’offerta di titoli di Stato inizierà ad assottigliarsi. È difficile evitare che l’inizio del tapering provochi ondate di vendite. Tuttavia se l’inflazione non arriverà alle stelle, le azioni potrebbero rimanere per qualche tempo relativamente indenni" sottolinea Burgess.

 

"Il QE ha assolto il suo compito di salvagente per molte delle principali economie e ora le banche centrali devono tornare a riavvicinarsi ai normali livelli pre-crisi, in modo da premunirsi adeguatamente in vista della prossima inevitabile crisi. Gli istituti centrali non vorranno inoltre tenere i tassi artificialmente bassi, giacché questo potrebbe causare problemi più gravi, creando ad esempio una bolla sui mercati obbligazionari".

"Finora il QE ha comunque aiutato in qualche modo i mercati a rimettersi in piedi, ma dovrà essere ritirato se le banche centrali desiderano in futuro potervi nuovamente ricorrere" conclude Burgess.

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