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BNY Mellon: nuove possibilità e vecchi rischi

11/24/2017 | Greta Bisello

BNY Mellon, una previsione per il prossimo anno: un possibile ritorno di volatilità, nuove possibilità di investimento sui mercati emergenti e uno sguardo alle future politiche dalle banche centrali


“La tempesta dopo la quiete” non è una minaccia ma soltanto la previsione di una possibile inversione di tendenza. Interrogarsi sui trend che condizioneranno l’andamento del nuovo anno e capire quanto ancora possa durare la crescita dell’ultimo periodo.

BNY Mellon ha dato appuntamento presso l’Hotel Gallia di Milano e insieme a Marco Palacino, Managing Director per l’Italia di BNY Mellon Investment Management si sono avvicendati sul palco Adrian Grey, Chief Investment Officer di Insight Investment (BNY Mellon), Colm McDonagh, Head of Emerging Market Fixed Income di Insight Investment (BNY Mellon) e Lorenzo Codogno, Professore della London School of Economics.

L’immissione di grandi quantitativi di liquidità da parte delle banche centrali ha garantito una bassa volatilità e una crescita diffusa anche nel mese di ottobre, mese tipicamente soggetto a forti rischi, quando finirà come ci si potrà orientare nel bel mezzo del cambiamento.

Il capo della divisione Italiana del colosso americano ricorda che il 2018 potrebbe celare alcune criticità: l’avvio concreto delle trattative per la Brexit, le elezioni politiche in Italia, le tensioni geopolitiche innescate dalla Corea del Nord e le promesse della presidenza Trump che, dopo un anno alla Casa Bianca, ha ancora tutto da dimostrare a partire dalla riforma fiscale.

In questo scenario dove scovare rendimento? La provocazione di Adrian Grey, primo a intervenire, è la valutazione di una sostanziale indifferenza da parte del mercato rispetto ai grandi eventi citati prima. I paesi del G7 godono di buona salute se si guarda alle percentuali di crescita di questo anno. Il periodo di politica monetaria ultra-accomodante si avvicina alla fine (per il prossimo anno il QE passerà dai 30 mld € da gennaio a settembre fino a ridursi a zero). Osservato speciale l’inflazione che dipende da alcuni trend in corso come ad esempio quello demografico (che potrebbe avere una potenza inflattiva, se si passa da una popolazione attiva all’età pensionistica), la deglobalizzazione con l’affermazione di tendenze populiste e la tecnologia che prende sempre più spazio.

Nel frattempo a giocare un ruolo fondamentale è la Cina che cresce con un ritmo del 6-7% e continuerà a macinare risultati da qui ai prossimi 10 anni. Di Cina e più in generale di mercati emergenti ha parlato anche Colm McDonagh, Head of Emerging Market Fixed Income di Insight Investment (BNY Mellon). La storia di questi investimenti è trentennale e il concetto non è un’idea nuova. La storia del primo mercato emergente, gli Stati Uniti, ci aiuta a comprendere l’evoluzione e le caratteristiche condivise. La Cina ha intrapreso un percorso caratterizzato dall’implementazione delle infrastrutture con il progetto One Road One Belt,  i controlli territoriali di tipo soft e hard e l’affermazione del renminbi cinese come moneta per commercio internazionale. I Paesi emergenti accrescono considerevolmente il proprio PIL e il mondo si apre a zone inesplorate fino a qualche anno fa (l’Egitto, il Medio Oriente, Argentina). Gli investitori stanno iniziando a cambiare il modo di allocare capitali su debito emergente ed è necessaria un che sia di tipo dinamico per investire in un periodo di sostanziale transizione. 

Dopo il giro attorno al mondo con i Paesi emergenti si rientra in Italia insieme a Lorenzo Codogno Professore della London School of Economics, che traccia una panoramica della condizione attuale del Paese con le elezioni alle porte e alle spalle il riassetto del settore bancario che non pare più un problema strutturale (anche dopo i recenti fatti di Banca Carige). Si poteva fare qualche sforzo in più nel rapporto debito/pil, ma la situazione pare sostanzialmente stabile anche se a pesare sul Paese gravano disoccupazione giovanile e nel mezzogiorno.  

L’Europa invece dal canto suo potrebbe vivere un momento di incertezza derivante dai cambiamenti in materia di governance. Codogno ha fiducia circa la gestione della nuova politica monetaria da parte delle banche centrali e prevede che a ottobre 2019 ci sarà un primo rialzo dei tassi proprio in concomitanza con la scadenza del mandato di Mario Draghi alla presidenza. Sul fronte valutario, prosegue il docente della LCE, l’euro che ha visto negli ultimi mesi un periodo rialzista e di forza sul biglietto verde sostenuto da vari fattori si avvierà verso una flessione.

Non è una certezza che la tempesta si abbatterà sui mercati, conclude Marco Palacino, ma è necessario attrezzarsi per essere capaci di arginarla.

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