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Gli investimenti sostenibili fanno bene alle performance

1/22/2018 | Manuel Noia*

Le normative ambientali potrebbero diventare un fattore di rischio per gli utili aziendali: lo dimostrano i casi BP e Volkswagen


È atteso a giorni, entro la fine di gennaio, il report conclusivo dell’High-Level Group on Sustainable Finance a cui la Commissione Ue ha affidato dal 2016 il compito di fornire raccomandazioni per la definizione di una strategia europea per la finanza sostenibile. La sostenibilità è un tema caldo nell’agenda politica e dell’economia, anche in Italia, come dimostra anche il recente via libera al regolamento Consob che rende operativa la direttiva europea 2014/95 e che consentirà di avere nei prossimi bilanci societari, le non financial information a disposizione di investitori e consumatori. Intanto l’High-Level Group sta lavorando per fornire indicazioni sulle modalità per rafforzare la stabilità finanziaria del sistema europeo attraverso la gestione dei rischi relativi ad ambiente, società, governance e per migliorare il contributo del settore finanziario alla crescita sostenibile e inclusiva, in particolare finanziando progetti di lungo termine che accelerino la transizione verso un’economia circolare, a bassi livelli di carbonio ed efficiente.

Che si stia per avviare un percorso nuovo per la finanza sostenibile è stato evidente fin dalla Cop23, l’appuntamento annuale della Conferenza delle Parti che fa il punto sull’applicazione della Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Nel corso del meeting, che si è svolto a novembre a Bonn, è stata siglata una lettera di intenti in cui si auspica la creazione di agenzie di rating di sostenibilità da assegnare alle aziende. Un passo che testimonia un nuovo paradigma nel mondo degli investimenti: la sostenibilità, a fronte di tendenze strutturali come il riscaldamento globale e la crescente disparità di reddito, è un’emergenza sempre più pressante che giungerà a condizionare ogni decisione umana, di cui il risparmio rappresenta solo un aspetto. Già oggi gli investimenti cominciano ad essere valutati non più con parametri meramente finanziari, ma anche con indicatori ESG (ambientali, sociali e di governance) che iniziano a pesare quanto quelli economici.

Le ragioni sono diverse: la prima è che, mentre i governi rincorrono gli obiettivi stabiliti proprio dall’accordo di Parigi sul riscaldamento globale, le normative ambientali potrebbero diventare un fattore di rischio per gli utili aziendali. Inoltre le conseguenze del continuo calo del costo delle energie rinnovabili e dello stoccaggio saranno rivoluzionarie, in particolare per le aziende che operano nei settori ad alto consumo quali utility, energia e trasporti. Un ulteriore incentivo a utilizzare i criteri ESG consiste nel potere dei consumatori, che diventano via via più consapevoli dell’impatto delle aziende sulla società e sull’ambiente. Di conseguenza la percezione del brand e la fedeltà dei clienti, asset intangibili che costituiscono parte del valore di mercato dell’azienda, sono sempre più legati ai fattori ESG. Trascurarli può provocare danni irreparabili sul fronte reputazionale e finanziario. Come è successo a BP, i cui titoli sono crollati dopo il disastro petrolifero di Deepwater Horizon nel 2010. O a Volkswagen, le cui vendite hanno registrato una pesante flessione dopo lo scandalo dei test sulle emissioni. Di recente Transport for London si è rifiutata di rinnovare la licenza di esercizio di Uber, per “mancanza di responsabilità aziendale”.

Non solo. Da una nostra analisi emerge che le società che rispettano i principi ESG registrano performance migliori e più stabili nel tempo, beneficiano di un costo del capitale inferiore e di rating creditizi più elevati. Le società che non sono in grado di gestire i rischi ambientali, invece, hanno costi di indebitamento in media superiori del 20%. Esiste inoltre una correlazione positiva tra la performance finanziaria e le credenziali di sostenibilità. Che cosa implica questo per gli investitori? Secondo lo studio “The Impact of Corporate Sustainability on Organizational Processes and Performance”, della Business School di Harvard, ogni dollaro investito in società altamente sostenibili nel 1993, nel 2010 valeva 22,6 dollari, contro i 15,4 dollari delle concorrenti meno attente ai criteri ESG. Infine, più è elevato il rating ESG di una società, meno è volatile l’andamento del corso azionario, soprattutto in periodi di turbolenza sui mercati.

* country manager Italia di Pictet Asset Management

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