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J.P. Morgan AM, obbligazioni: 5 miti da sfatare

4/5/2018

Per analizzare l'andamento del 2018 biosgna tenere in considerazione inflazione, rischio geopolitico, credito, mercati emergenti e reddito fisso


Nick Gartside, gestore del JPMorgan Funds - Global Bond Opportunities Fund, esamina i cinque miti sul mercato obbligazionario che potrebbero crollare in un 2018 pronto a sfidare i preconcetti.

 

Gli indicatori dell’inflazione a breve termine hanno cominciato a risalire, in particolare negli Stati Uniti e gli investimenti aziendali hanno visto un’impennata nel 2017; maggiori investimenti sono tipicamente associati a una maggiore produttività, che storicamente ha alimentato la crescita dei salari. Le aspettative sulla politica monetaria non si sono adeguate a questo contesto in evoluzione. In Europa i tassi d’interesse sono ancora a livelli di crisi e il mercato non sconta un primo rialzo fino alla fine del 2019. Ma, secondo J.P. Morgan AM, l’Europa non è in crisi; al contrario, rappresenta un grande successo economico. 

 

Troppa paura per il rischio politico. Ci sono 84 elezioni in programma quest’anno in tutto il mondo – all’incirca una ogni quattro giorni – ma rispetto alle votazioni degli ultimi anni che hanno catalizzato l’attenzione dei media, queste sembrano essere molto meno destabilizzanti e niente di ciò che è possibile prevedere potrebbe avere un impatto significativo sulle dinamiche di crescita/inflazione. In Europa, le indagini sulle percezioni indicano un maggiore sostegno all’Euro in tutta la regione. Il cambiamento è particolarmente evidente in Italia, dove quasi il 60% adesso sostiene la moneta unica, il che suggerirebbe che le recenti elezioni non comporteranno grandi stravolgimenti. Altrove, le elezioni generali in Russia e Messico, nonché le probabili elezioni anticipate in Turchia, non dovrebbero avere ripercussioni sui mercati finanziari globali.

 

L’opinione di consenso è che per le obbligazioni societarie la festa sia finita e i rendimenti siano destinati a vacillare. Ma gli indicatori operativi per le aziende sembrano solidi: la leva finanziaria è in calo, la copertura degli interessi in rialzo nelle obbligazioni europee ad alto rendimento e si sta verificando una solida crescita della redditività e dei ricavi sia negli Stati Uniti che in Europa. I rischi? In primo luogo, che l’economia cada in recessione, in secondo luogo, che le aziende inizino a effettuare un’errata allocazione del capitale. 

 

I Mercati Emergenti spesso vengono ancora trattati come un gruppo omogeneo. Ma la dispersione tra i Mercati Emergenti non è mai stata più grande – come evidenziato dai rendimenti e dai tassi d’interesse. I tassi d’interesse dell’indice sul debito dei Mercati Emergenti in valuta locale ammonta al 6%, ma l’Argentina sta registrando oltre il 16%, mentre l’Ungheria appena l’1,2%.3 La differenziazione rappresenterà il fattore chiave per sfruttare le opportunità ed evitare i rischi. Attualmente, conclude Gartside, vengono favoriti i Paesi con rendimenti reali elevati e un ulteriore margine di compressione, come l’Indonesia e la Russia. Siamo meno favorevoli nei confronti dei Paesi in cui la Banca Centrale si trova “dietro la curva” e dove vediamo un rischio di contagio dell’aumento dei tassi nei Mercati Sviluppati, come la Repubblica Ceca. 

 

E infine c'è il reddito. Il mercato di quest’anno probabilmente sarà quello in cui gli investitori obbligazionari dovranno generare plusvalenze, ed evitare perdite di capitale, per produrre reddito. Il contesto di fine ciclo sarà più idiosincratico e prevediamo che gli investitori dovranno essere più selettivi se vorranno guadagnare.

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