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Neuberger Berman: America Latina sotto i riflettori

5/10/2018 | Greta Bisello

Paesi diversi tra loro con un minimo comune denominatore, quello elettorale. Tra Brasile, Venezuela e Messico, cosa potrebbe succedere a livello globale con un eventuale esito "sfavorole" alle urne?


In America Latina è tempo di elezioni. Lo scorso marzo a El Salvador si sono tenute le elezioni politiche e amministrative, in aprile in Costa Rica è stato eletto un nuovo presidente e due settimane fa in Paraguay ci sono state le elezioni generali. Fra due settimane saranno i venezuelani ad andare alle urne, seguiti dai colombiani una settimana più tardi, mentre Messico e Brasile concluderanno la stagione delle consultazioni rispettivamente a luglio e a ottobre. Quest’anno, sarà chiamata a votare più della metà della popolazione della regione oppure, in termini di PIL, due terzi abbondanti.

L’avanzamento del populismo in numerose economie sviluppate e la conquista delle prime pagine latinoamericane da parte di figure come Nicolás Maduro e Antonio Manuel Lopez Obrador inducono a ritenere che le votazioni saranno con ogni probabilità sinonimo di volatilità per chi investe nei mercati emergenti.

 

Argentina e Cile hanno optato per l’ortodossia economica tradizionale, il Paraguay ha scelto tra due candidati di centrodestra mentre a El Salvador il partito di estrema sinistra un tempo predominante, il FMLN, ha subito una batosta. I cittadini del Costa Rica hanno confermato i socialdemocratici al governo, ma per la presidenza hanno eletto il candidato di un altro partito di centrosinistra.

In Colombia, le elezioni tenute nel marzo di quest’anno hanno visto sbarcare al Congresso una nutrita rappresentanza populista. Prevediamo che la corsa alla presidenza si deciderà a giugno con un ballottaggio tra il populista di sinistra Gustavo Petro e il candidato di centrodestra Iván Duque Márquez. Ci aspettiamo che Duque vincerà, ma durante l’affollato primo turno il suo vantaggio è diminuito, prospettando un rischio di volatilità nei mercati prima dello sprint finale.

 

Secondo l'analisi di Gorky Urquieta, senior portfolio manager and global co-head of emerging markets debt di Neuberger Berman, il costante miglioramento dei già ottimi fondamentali colombiani conferma il nostro ottimismo sul peso e sul debito del paese in valuta sia locale che estera.

 

La Colombia confina con il Venezuela, ma potrebbe trovarsi su un altro pianeta, rappresentando un esempio paradigmatico della diversità esistente tra le economie della regione. 

I partiti dell’opposizione boicotteranno le elezioni di maggio, pertanto è probabile che Maduro resti al potere. L’impatto di più ampio raggio resterà con ogni probabilità circoscritto al mercato petrolifero globale. Per gli investitori, l’insolvenza di obbligazioni scambiate a 20-30 centesimi per dollaro potrebbe costituire un rischio di ribasso minore se e quando l’attuale regime verrà messo alla porta.

 

Le consultazioni elettorali più importanti saranno quelle di Brasile e Messico. In Brasile, prosegue l'analisi Urquieta, il quadro politico è insolitamente frammentario. Non c’è un partito o una figura dominante, se si esclude Lula che, anche in carcere, non ha smesso di “fare campagna elettorale”. È difficile, tuttavia, che a ottobre scenda in lizza, ma stando ai sondaggi nessun altro candidato supera la soglia del 10% nei consensi.

In Messico, invece, Lopez Obrador (detto “AMLO”) viene costantemente dato dai sondaggi in largo vantaggio sugli altri due candidati principali, che vengono considerati scialbi continuatori dello status quo. AMLO ama indubbiamente darsi alla retorica populista, ma i mercati non sembrano curarsene molto. Forse hanno già scontato in parte la sua vittoria. O forse riconoscono che il suo operato verrà tenuto a bada dal Congresso, dalla costituzione, dai suoi consulenti più ortodossi e dal fatto di aver dimostrato, mentre era sindaco di Città del Messico, di saper tenere sotto controllo la spesa pubblica.

 

Nonostante ciò, ci sono elementi positivi sui quali gli investitori potranno concetrarsi: il primo avanzo di bilancio (nel 2017), il rallentamento dell’inflazione (con conseguente nascita di invidiabili spazi per un allentamento delle politiche monetarie) e un tasso di cambio competitivo. Certo, il Messico pone veti sul NAFTA e dichiara che “un’assenza di accordo è meglio di un accordo sfavorevole”, ma in ultima istanza non controlla quei rischi (sono gli Stati Uniti a controllarli).

Ad ogni modo, conclude l'esperto, un esito elettorale  “sfavorevole ai mercati” in Messico o Brasile difficilmente scatenerebbe una reazione sistemica nei mercati emergenti. Sono due paesi grandi e importanti, ma sono anche diversi, e oggi gli investitori sanno distinguere meglio di una volta.

 

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