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Gestore della settimana, M&G: che cosa ci dice l’andamento dei Treasury USA

6/11/2018 | Jim Leaviss

Si è tanto parlato della ‘magica’ soglia del 3% per i rendimenti dei Treasury USA decennali. Ora che la soglia è stata superata per la prima volta dopo 4 anni, è opportuno riflettere sulla direzione che prenderanno i mercati


Si è tanto parlato della ‘magica’ soglia del 3% per i rendimenti dei Treasury USA decennali. Ora che la soglia è stata superata per la prima volta dopo 4 anni, è opportuno riflettere sulla direzione che prenderanno i mercati in futuro. Prima di tutto, la recente impennata che ha portato i titoli decennali oltre il 3% non ci deve impressionare troppo. L’aumento di circa 100 punti base da settembre 2017 è infatti di gran lunga inferiore rispetto a quello avvenuto tra la metà del 1979 e i primi mesi del 1980 (quasi 400 punti base), o a quello del 2013 durante il “taper tantrum” (200 punti), per fare due esempi.

 

Piuttosto, l’aspetto su cui credo valga la pena focalizzarsi è lo scenario macroeconomico globale in cui si sono verificati questi movimenti. Sebbene nelle ultime settimane alcuni segnali individuavano nelle mutate prospettive di crescita la causa, al momento non vedo motivi per allarmarsi visto il perdurare di una crescita sincronizzata a livello globale. È stato questo outlook ad incoraggiare gli investitori ad abbandonare il porto relativamente sicuro dei titoli di Stato per orientarsi verso asset più rischiosi.

 

Grazie al perdurare del contesto economico positivo, il quantitative easing è giunto verosimilmente a un punto di svolta e i tassi d'interesse negativi in regioni quali il Giappone, l'Europa e la Svizzera saranno probabilmente abbandonati. Restano però alcune sfide da affrontare. Per prima cosa, secondo l'Institute of International Finance, i livelli del debito globale hanno raggiunto il loro livello più alto, superando i 230 trilioni di dollari.

 

Di conseguenza, è improbabile che i tassi di interesse raggiungano il 5% in più rispetto alla media degli anni '70 (si immagini solo quale sarebbe l'effetto sui tassi di default e sulle famiglie). In secondo luogo, l’offerta netta di Treasury raddoppierà nei prossimi 18 mesi. Complessivamente Stati Uniti, Eurozona e Giappone emetteranno nuovi titoli di Stato per un totale di oltre 500 miliardi di dollari quest’anno e per un trilione di dollari nel 2019.

 

Di conseguenza, dopo che la FED ha alzato nuovamente i tassi a marzo – il sesto aumento dalla fine del 2015 – è lecito chiedersi se questo ciclo abbia finalmente raggiunto il suo picco. Guardando i dati sull’occupazione in America, circa l’80% del paese ha oggi un tasso di disoccupazione inferiore al tasso di disoccupazione di inflazione stabile (NAIRU); storicamente, questo aspetto è sempre stato un indicatore affidabile di tassi d’interesse prossimi ai massimi. Come sempre, le aspettative sull'inflazione offriranno maggiore chiarezza. Le previsioni del mercato obbligazionario sui prezzi al consumo futuri sono cresciute, con il mercato USA dei TIPS che oggi sta prezzando un livello medio pari al 2% nei prossimi cinque anni. La situazione è sicuramente migliorata rispetto ai livelli dell'anno scorso, ma pur sempre a livelli moderati. Inoltre, nonostante gli Stati Uniti abbiano raggiunto la piena occupazione o quasi, finché i salari non cresceranno, l'inflazione potrebbe rimanere ancorata o vicina all'obiettivo del 2% fissato dalla Fed. In regioni quali l'Europa e il Giappone, che da anni attuano politiche monetarie molto blande, le banche centrali sono ancora lontane dal raggiungere i propri obiettivi d’inflazione.

 

Vale la pena rimarcare che le prospettive economiche possono cambiare rapidamente, come abbiamo visto accadere di recente nel Regno Unito. Possiamo quindi dedurre che il mercato rialzista dei Treasury degli ultimi 30 anni sia giunto alla fine? Su questo preferisco rimanere cauto. Quello che è certo è che la riduzione del QE a livello globale renderà gli investitori più diffidenti verso i bond governativi. Rimangono però alcune nicchie di valore: penso ai titoli finanziari, alle obbligazioni societarie a tasso variabile e ad alcune valute dei mercati emergenti, alla luce del sell off che ha reso di nuovo più interessanti le valutazioni di questi paesi.

 

Analisi a cura di Jim Leaviss, Head of Retail Fixed Interest di M&G Investments

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